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Lei è Rachida
l'anticoncorrente

di Anna Mallamo

 

Potrebbe essere, oggi, la sua ultima puntata di Masterchef, e, ironia della sorte, sarà proprio con la “trasferta” nel suo Marocco, a cucinare un tipico menù marocchino per il viceconsole italiano e i suoi ospiti. Lei è Rachida Karrayi, 48 anni, sarta immigrata. Rachida la piangente, l’implorante, la fraintendente, la concorrente che è riuscita in un’impresa che non era riuscita nemmeno all’avvocato Tiziana della scorsa stagione: farsi detestare da tutti. E non per le sue competenze culinarie, che sinceramente appaiono ancora alquanto misteriose: è capace di cucinare una perfetta polenta in quattro minuti e un pollo alla diavola in dieci, ma ha persino pensato di presentare – in una sfida da cardiopalma – prosciutto e melone («Non voglio cucinari, ho paura di usciri» ha detto nel suo pittoresco linguaggio che sta surclassando pure quello di Bastianich). E presentare a Carlo Cracco prosciutto e melone è una cosa per cui ci vuole fegato (alla veneziana).

Dileggiata sui social network, invisa a tutti i compagni, Rachida procede imperterrita, e qui oggi vorremmo spezzare una lancia (o anche un’anatra all’arancia) per lei, per il suo coraggio, per la sua «antipatia» televisiva: Rachida ci sembra un perfetto esempio di anticoncorrente. Quella che non eccelle e anzi colleziona uscite imbarazzanti. Quella che tutti temono d’avere alleata, secondo un concetto di «fuoco amico» che ai fornelli assume tutta un’altra sinistra valenza.

Rachida, a nostro avviso, è il trionfo dell’errore comunicativo. Del fraintendimento operoso. Come in un esperimento malriuscito d’integrazione: infallibilmente, Rachida interpreta al contrario le intenzioni degli altri, e ne viene allo stesso modo fraintesa. Così come ha una nozione molto personale della cucina, che è scienza non solo di sapori ma di combinazioni e diplomazie gustative, d’interpretazioni e sottigliezze. D'accoglienze e mescolanze singolari, anche apparentemente impossibili. Cose in cui Rachida, la generosa, emotiva Rachida, vittima ­ invece ­ di quel che sembra un perenne spaesamento, non pare molto versata.

La cosa che ci dispiace è che la sua autenticità – ben altra cosa dalle «antipatie» studiatissime dei giudici (il cipiglio di Cracco, le uscite broccolinesi di Bastianich, «io muoro» perché «tu mi stai diludendo») – il suo desiderio d’uniformarsi e stare nel gruppo, essere davvero accolta, siano respinti con fastidio (di cui lei per fortuna non sembra quasi mai rendersi conto). Il format, evidentemente, se ne ciba (da tempo sosteniamo che Masterchef è una trasmissione cannibale: le pietanze sono, con tutta evidenza, i concorrenti, come in ogni reality) ma non la digerisce.

Noi – sia chiaro – facciamo il tifo per lei e per la sua strepitosa ricetta: «polpette di diavolo fatte di mani di strega». Vai, Rachida. 

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