"Alcuni commenti sono stati molto duri. Oggi gli italiani più che giudicare le parole vogliono giudicare i fatti". Lo ha detto il premier Matteo Renzi a Ballarò. "Senatori e telespettatori sono lo stesso pubblico, non sono un pubblico diverso, la gente fuori da qui è quella che ti voti i senatori sono cittadini che pro tempore svolgono un servizio diverso". ''Entro un mese diamo il percorso preciso su quanto e dove prendiamo i soldi per la riduzione di due cifre percentuali del cuneo fiscale'' ha aggiunto Renzi intervistato da Giovanni Floris. "Sul cuneo fiscale, ci sono scuole pensiero diverso, Padoan si è preso tempo per verificarle. Alcuni professori della Bocconi insistono su 20-23 miliardi, altri hanno idea diversa. Un modo è abbassare Irap, un altro è abbassare Irpef, il terzo sul quale stiamo ragionando è quello degli oneri sociali" ha aggiunto Renzi. "Sul cuneo fiscale, ci sono scuole pensiero diverso, Padoan si è preso tempo per verificarle. Alcuni professori della Bocconi insistono su 20-23 miliardi, altri hanno idea diversa. Un modo è abbassare Irap, un altro è abbassare Irpef, il terzo sul quale stiamo ragionando è quello degli oneri sociali" ha sottolineato il premier.
Una questione a parte la tassazione della rendita finanziaria: ''Sì, c'è spazio per aumentare la tassazione delle rendite finanziarie, non dico sui Bot ma sulle rendite pure, questo per abbassare il costo del lavoro'' ha detto Renzi a Ballarò.Per il premier comunque bisogna ''attendere la riforma complessiva del sistema fiscale''. ''Abbiamo una tassazione sulle rendite finanziarie tra le più basse in Ue''.
Renzi ha anche parlato del ministro dell'Economia: "Padoan è uno con cui decidiamo insieme, ed è importantissimo, condividiamo idea di fondo che bisogna mettere in circolo soldi". Poi una speranza: "Voglio che Palazzo Chigi sia una casa di vetro in termini di trasparenza, con un investimento sulla comunicazione". E sulle prospettive: "Non c'è da mediare ma da tirare, da trainare. L'obiettivo finale è la riforma del lavoro, semplificare il fisco, modificare la Pa, cambiare la giustizia, per fare questo sono tutti d'accordo da trent'anni ma poi non lo fanno. Io vado avanti, al massimo mi mandano a casa. Se la politica sbaglia va in malora il Paese".
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Incassata la fiducia al Senato Matteo Renzi fa il bis a Montecitorio con 378 si', 220 no ed un astenuto ottenendo il disco verde dal Parlamento per il suo governo. Il premier si presenta alla Camera per lanciare la sua ultima e decisiva sfida per cambiare l'Italia, in quell'Aula che, ammette, gli fa tremare le gambe. "Abbiamo una sola chance da cogliere qui e adesso", avverte: quell'ultima occasione offerta dai segnali di ripresa per "fare l'unica cosa che possiamo fare, cambiare profondamente il nostro Paese, il sistema della P.A., quello della giustizia, del fisco, cambiare profondamente nella concretezza la vita quotidiana di lavoratori e imprenditori".
Un programma che vorrebbe tanto sintetizzare in tre tweet, se non fosse che i 140 caratteri concessi mal si conciliano con la mole di cose che vuole dire e soprattutto pensa di fare. Ma dopo il discorso 'choc' tenuto al Senato promette di volersi mantenere sul "bon ton istituzionale". Dice di provare "vertigini e stupore" per l'onore che gli viene concesso di sedere in un luogo in cui è stata fatta la storia del Paese. Ma dove ora si dovrà aprire un nuovo capitolo. In cui, auspica, sia possibile "tentare di fare uno schiocco delle dita tutti insieme, come la Famiglia Addams".
Ma è la stessa Aula che gli riserva oggi i durissimi attacchi, le provocazioni dei Cinque Stelle. La stessa Aula che accoglie con una lunga ovazione l'ingresso in aula di Pier Luigi Bersani. E che assiste all'abbraccio tra l'ex segretario del Pd e l'ex premier, Enrico Letta, che si siede al suo posto senza degnarlo di uno sguardo. Anche lui accolto da un caloroso applauso dell'emiciclo. Renzi non si fa cogliere di sorpresa: si alza per abbracciare l'ex segretario e durante la sua replica non manca di ringraziare il suo predecessore "in modo chiaro ed inequivoco". I risultati del voto diranno poi che, anche se sul filo, Letta avrà battuto sulla fiducia Renzi per un solo numero.
E, sempre in Aula, il neo premier cadrà nel primo 'tranello' dei Cinque Stelle: crede di poter trovare una 'sponda' nel vicepresidente della Camera 'grillino' Luigi Di Maio e gli invia un biglietto in cui, incurante del trattamento già riservato a Bersani, tenta un provocatorio aggancio. "Scusa l'ingenuità caro Luigi. Ma voi fate sempre così? Io mi ero fatto l'idea che su alcuni temi potessimo davvero confrontarci. Ma è così oggi per esigenze di comunicazione o è sempre così ed è impossibile confrontarsi?". Il Cinque Stelle gli risponde picche e poi, se non bastasse, pubblica il 'carteggio' su Facebook. Un attacco che segue allo 'sberleffo' dei Cinque Stelle oggetto di un nuovo battibecco con la Presidente Boldrini che li ferma quando arrivano a definire il premier e il neo ministro del Tesoro "due figli di troika".
Renzi si toglie però il suo sassolino dalle scarpe e ribatte: "Quando ho perso alle primarie con Pierluigi Bersani lui non mi ha espulso e il fatto che Bersani sia qui, avendo idee diverse dalle mie su molte cose, è un segno di stile e rispetto non personale ma politico. Siamo il Pd". I pentastellati voteranno, ovviamente, il loro no alla fiducia. Così come Forza Italia. Il democrat Pippo Civati conferma il suo voto, anche se molto polemico: "sognavo anche io che la nostra generazione arrivasse fin qui. Ma con le elezioni e non con una manovra di Palazzo". Non è il solo, tuttavia, dentro il partito a storcere il naso. "Ho espresso il mio voto di fiducia al governo esclusivamente per disciplina di partito e di gruppo'' dice, ad esempio, il lettiano Marco Meloni. Anche i 'popolari': assicurano la fiducia ma, avvertono: "la velocità è necessaria anche in politica. Tuttavia non è inutile, mentre si corre, sapere dove si vada".