Certo, non bisognava essere allievi di Nostradamus per prevedere come sarebbe andata a finire ai “privilegiati” che hanno avuto la (mala) sorte di vivere nei “paradisi” socialisti della Corea del Nord. Però dobbiamo ammettere che l’ultimo rapporto dell’Onu sulla violazione dei diritti umani in quel Paese fa venire i sudori freddi. Le 400 pagine di cui è composto vanno lette, rilette, metabolizzate e digerite assai lentamente. Per non rimanere traumatizzati da “rivelazioni” che sembrano uscite dritte filate da un romanzo dell’orrore e, soprattutto, per afferrare un concetto che spesso ci mettiamo sotto i piedi: al peggio non c’è mai fine. Sì, è vero, il nostro pianeta è una litania di sofferenze, ogni giorno si aprono crisi, crisette e crisone (l’ultima l’Ucraina) che lasciano tutti con il fiato sospeso. È un mondo senza giustizia sociale, dove le liberà individuali sono spesso minacciate e in cui gli egoismi (economici, ma anche di natura etnica e religiosa) condizionano pesantemente la quotidianità. Però…però, e non sia considerata una meschina giustificazione, tutto ha una sua “logica”. Perversa, aberrante, assolutamente non condivisibile, grottesca, paradossale, disumana. Fate voi. Ma il “male” è sempre funzionale a uno scopo. Se no, passiamo dall’etica (e dalla sua mancanza) direttamente a un altro discorso: quello degli scolapasta sulla testa. Cioè ai reparti neurodeliri e ai manicomi a cielo aperto. Al “male per il male”. A comportamenti dove l’annichilimento dell’altro è funzionale a se stesso ed eccede, di anni luce, le esigenze di affermazione della forza di qualsivoglia dittatura. Nel caso specifico, c’è una sproporzione assoluta tra le esigenze di “sicurezza” del regime nordcoreano e le sue politiche di controllo e di vessazione dei sudditi, che rasentano (ormai l’hanno abbondantemente scavalcata) la follia. Ma lasciamo parlare i fatti. “Crimini contro l’umanità continuano a essere commessi al più alto livello in Corea del Nord – sostiene il report - tanto che ormai è arrivato il momento di portare tutta la dirigenza del Paese davanti a un tribunale internazionale”. Ai commissari Onu non è stato permesso di varcare i blindatissimi confini di Pyongyang, ma il lavoro è stato fatto grazie alle testimonianze offerte da decine di rifugiati (e dagli “spifferi” in arrivo dai servizi segreti di mezzo mondo, aggiungiamo noi). La sentenza è inappellabile: “Unspeakable atrocities”, cioè, corto e netto, “atrocità che non si possono nemmeno descrivere”. E, tanto per capirci, a scanso di equivoci, all’Onu parlano di violazioni talmente esagerate “da non avere termini di paragone nel mondo contemporaneo”. Ed ecco alcuni dei crimini rilevati senza possibilità di errore: stermini, omicidi, torture, stupri, schiavizzazioni, imprigionamenti a capocchia, aborti forzati, violenze sessuali di vario genere, persecuzioni per le idee politiche, religiose, razziali e sessuali, trasferimenti forzati di popolazione, sparizioni di persone e atti di disumanità, appositamente studiati per provocare carestia e malnutrizione”. L’aspetto più scioccante di questo prontuario degli orrori, è che si tratta di atrocità “spalmate” a caso, spesso senza processi o direttive specifiche. Una foia granguignolesca di malvagità in cui, sembra di capire, ogni usciere del partito può arrivare ad arrogarsi il diritto di vita o di morte sui suoi sfortunatissimi compatrioti. Tanto, recita testuale il rapporto, l’impunità è assoluta. I commissari Onu dedicano tutta una sezione alle angherie perpetrare dagli aguzzini nei campi di concentramento (e sterminio). I prigionieri sono usati come manichini da allenamento per le arti marziali, mentre altri, detenuti con l’intera famiglia, sono obbligati ad andare a caccia di serpenti e roditori per poter nutrire i figli. E a questo punto, alto e solenne, si leva l’atto di accusa da parte della Commissione d’inchiesta contro la comunità internazionale, che per anni ha saputo e ha taciuto. Contro quei politicanti che cianciano, lautamente stipendiati, di diritti umani per giustificare la poltrona a cui sono incollati col mastice. Dopo i topi, le botte e la fame, tutto il resto sembra quasi un dettaglio. Si parla di una propaganda in puro stile orwelliano, dove il “Grande Fratello” incita all’odio contro gli altri Stati e le altre popolazioni e chiede obbedienza “eterna” al leader supremo (Kim Jong-un, quello che ha fatto ammazzare lo zio dalla sera alla mattina). E poi, non avranno i soldi per comprarsi un tozzo di pane, ma in compenso spendono e spandono in diavolerie elettroniche, per controllare tutto quello che si muove. La Corea del Nord è una specie di laboratorio di analisi a cielo aperto, dove il partito sa quanto avete di creatinina senza che lo sappiate anche voi (è una battuta…) e dove anche in casa propria bisogna parlare con i rubinetti dell’acqua aperti, per non farsi intercettare (e non è una battuta…). Insomma, metà della popolazione fa parte dei servizi segreti e controlla l’altra metà. L’elefantiaco apparato di polizia, dice il rapporto, “terrorizza, sorveglia, ascolta, e punisce”. Esecuzioni pubbliche e improvvise sparizioni dai lager sono gli strumenti utilizzati come utili esempi per educare le masse. I campi di concentramento sono copiati, pari pari, da quelli che le più spietate dittature utilizzavano nel XX secolo. Sarebbero fino a 120 mila i detenuti politici chiusi in quattro supercarceri, dove la politica dell’affamamento e della conseguente morte per inedia è quella che va per la maggiore. Ma uno dei riscontri più grotteschi del rapporto Onu, è quello relativo alla stratificazione sociale. Lo Stato, che formalmente si autodefinisce “comunista”, è rigidamente diviso in caste feudali. Il “songbun system” è determinato dal partito e dalle tessere (tutto il mondo è paese…) e decide dove nasci, come cresci e se e quando devi morire. Questo vale sia per i movimenti interni (vietatissimi), sia per la distribuzione di cibo, cui hanno accesso prioritario, a scalare in quantità e qualità, i dirigenti e i funzionari con la falce e martello. La regola seguita dal regime nordcoreano è molto chiara: prima i cannoni, i missili e i carri armati e poi, se ne resta, qualche scodella di zuppa. La “militarizzazione” nella di distribuzione di cibo è assolutamente in sincronia con la filosofia dello Stato, che è quella di privilegiare le spese per la difesa (o l’attacco, dipende dai punti di vista). Il risultato delle teorie economiche che ricordano il vecchio “comunismo di guerra” tanto caro a Trotsky è la “mass starvation”, sottolinea il report, cioè la “carestia di massa”. L’allocazione delle risorse è cervellotica e sembra fatta apposta per scaraventare dalla finestra le magre ricchezze del Paese. La violazione dei diritti umani più elementari colpisce in modo particolare i più deboli, donne e bambini. Le prime cercano di scappare in Cina. Molte finiscono col prostituirsi. Se vengono riacchiappate il loro destino è terribile, specie se sono in stato di gravidanza. Il rapporto afferma che sono sottoposte ad aborti forzati, mentre i bimbi nati da donne rimpatriate “spesso sono uccisi”. Visti i chiari di luna, la Commissione Onu, si rivolge ai Paesi che ospitano rifugiati affinché rispettino il principio del “non-refoulement”, cioè si impegnino a impedire ritorni coercitivi. Anche se, a quanto pare, a punire i compatrioti che scappano all’estero ci pensano gli stessi nordcoreani, facendoli sparire nel nulla con operazioni mirate. Una lettera formale sulle risultanze del rapporto è stata spedita al “Giovane leader”, Kim Jong-un, avvisandolo che, un giorno o l’altro potrebbe finire pure lui davanti a un tribunale, per rispondere di crimini contro l’umanità. Noi ci crediamo poco. Kim è protetto dai cinesi, che a loro volta tengono in saccoccia le cambiali firmate da Obama e minacciano di tagliargli pure la luce alla Casa Bianca. Insomma, ci siamo capiti.