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Al Qaida ha la bomba
atomica “sporca”?


di Piero Orteca

 Da un po’ di tempo Obama dorme con un occhio solo. La malaugurata novella, spifferatagli dai suoi servizi segreti (imbeccati quasi sicuramente dal Mossad israeliano), è di quelle che ti tolgono la pace e il sonno: al Qaida sarebbe in possesso di una bomba atomica “sporca”, un ordigno rudimentale ma terribilmente efficace, in grado (e vi spieghiamo come), di far sembrare l’evento dell’11 settembre ben poca cosa, rispetto alla catena di tragedie che si tirerebbe appresso lo scoppio di un simile marchingegno. Questo scenario chiarisce dove volesse andare a parare il presidente americano lo scorso 25 marzo, all’Aia, quando, parlando con Angela Merkel, David Cameron e Xi Jinping, riferì la natura dei suoi incubi. «Non mi preoccupa tanto la prospettiva di un confronto con la Russia, quanto piuttosto – aggiunse terreo – la possibilità che una bomba atomica devasti Manhattan». Agli altri Grandi della Terra, che lo guardavano di sguincio, mezzo tramortiti dall’annuncio, Obama ha poi spiegato le origini delle sue paure. Il problema degli americani è che arrivano sempre “dopo” sulle notizie che contano. In effetti, di “bomba sporca” si parla da anni e tutti gli apparati di sicurezza del pianeta, nessuno escluso, tengono le antenne tese, per acchiappare il sia pur minimo segnale di pericolo. E che pericolo! Con rispetto parlando di tutte le altre crisi, crisone e crisette, dall’Ucraina all’Asia Centrale. La scala delle priorità, insomma, (cioè, per dirla terra terra, l’esigenza di guardarsi le terga) anche questa volta ha messo sottosopra l’intera trama delle strategie diplomatiche pazientemente tessuta negli ultimi anni alla Casa Bianca. Mandata all’aria la “Primavera araba”, messi da parte i ribelli siriani, cominciata la luna di miele con gli ayatollah, fatto finta di litigare con Putin, adesso il presidente Usa ha un chiodo fisso: impedire che al Qaida ne combini un’altra delle sue. Cioè, che riesca a portare a termine qualche super-attentato, di quelli che lasciano il segno per decenni, traumatizzando l’intera umanità. Dunque, parlami suocera e intendimi nuora, all’Aia Obama ha fatto capire “urbi et orbi” che, sulla questione del nucleare, siamo tutti sullo stesso caicco. Nessuno s’illuda di utilizzare il merchandising dell’uranio o delle tecnologie a esso connesse per guadagnare potere contrattuale nella palude delle relazioni internazionali. Perché una bella distesa di sabbie mobili è pronta a inghiottire chiunque. Mentre qualche anno fa, però, a Washington, Superbarack si era riferito agli ordigni nucleari d’ordinanza, evitando di fare un preciso riferimento all’atomica dei poveri (e dei terroristi), questa volta avrebbe parlato esplicitamente di “bomba sporca”, realizzata non per esplodere nel modo classico, ma per spargere radiazioni mortali e ammazzare un sacco e una sporta di poveri cristi, a distanza di anni. Perché i raggi gamma non perdonano. Si tratta, infatti, di un ordigno «a dispersione radiologica », che sfrutta scorie nucleari provenienti da centrali atomiche per disseminarle nell’ambiente tramite un’esplosione convenzionale. In pratica, e per farla breve, si prende un sacchetto di prodotti di scarto dell’u r anio, lo si mette in un contenitore con qualche candelotto di dinamite e il gioco (si fa per dire) è fatto. Ora, si comprende bene come la realizzazione di una “bomba sporca” non sia necessariamente legata all’arricchimento di uranio per scopi militari, ma sia invece facilmente possibile metterla assieme rimestando nei bidoni dell’i m m o n d izia degli impianti nucleari. È vero: con questo tipo di ordigno non avremo un’esplosione stile Hiroshima, ma spargeremo lo stesso nell’ambiente (dipende dall’esplosivo convenzionale utilizzato) un bel po’ di radiazioni che uccideranno nel tempo migliaia e migliaia di persone. Per fare un esempio, solo negli Stati Uniti ci sono enormi quantità di scorie, provenienti da 70 impianti situati in 31 Stati diversi, che devono essere stoccate, prima che rilascino radioattività nell’ambiente. In Russia la situazione è da brividi, perché se contrabbandare uranio arricchito è possibile, procurarsi materiali nucleari di scarto è facile, come andare a comprare le sigarette. Tenetevi forte, perché lo sanno in pochi. Nel 1996 i ribelli islamici ceceni piazzarono una “bomba sporca” (scarti di cesio 137+candelotti di dinamite) nel cuore di Mosca (parco di Izmailovo), senza farla esplodere. Un’azione tesa a dimostrare lo stato dell’arte e a far capire ai nuovi zar russi cosa volesse dire scherzare col fuoco. E, tanto per rendere il boccone moscovita ancora più indigesto, ci si mettono pure le notizie di corridoio arrivate in passato per bocca dell’ex segretario generale del Russian Security Council, il generale Alexander Lebed. Il quale avrebbe rivelato che mancano ben 90 bombe atomiche all’a ppello, “probabilmente disperse”. Il conteggio, tanto per aumentare i sudori freddi, sarebbe frutto dell’inventario fatto a mano, utilizzando come “deposito” le scatole delle scarpe. Comunque è il caso di dire chi la fa l’a s p e tti. Dato che alla fine degli anni 70 proprio i cervelloni a stelle e strisce hanno realizzato la «attaché class atomic bomb», un ordigno talmente leggero e compatto da poter essere trasportato nelle valigette diplomatiche e, quindi, piazzato nello sgabuzzino di qualsiasi appartamento esistente nelle città “nemiche”. Questi “confetti” pare che viaggiassero quasi quotidianamente dalla California a Washington, a bordo di normalissimi aerei di linea. Qualche tempo fa, la prestigiosa rivista Foreign Policy ha addirittura dedicato un’inchiesta, firmata da Peter Zimmermann e Jeffrey Lewis, alla bomba atomica che potremmo chiamare “fai da te”, dimostrando come sia relativamente facile fabbricare un ordigno in grado di scatenare l’apocalisse in qualsiasi regione dell’Occidente. I due autori si riferivano alla bomba “v era”, quella che dev’essere realizzata solo utilizzando uranio arricchito. Le conclusioni erano scioccanti. «Al Qaida non ha ancora lanciato un attacco nucleare – scrivevano i due novelli Nostradamus – ma solo perché non ha potuto. Con l’uranio giusto, l’aiuto di qualche indicazione su Internet e un pugno di terroristi, potrà riuscire a costruirsi la bomba ». Ma naturalmente il film del terrore non si ferma qui. Ci sono anche gli attentati convenzionali da cui guardarsi. Fino a pochi mesi fa, gli adviser obamiani sulla sicurezza nazionale erano convinti che la morte di bin Laden avesse cambiato strategie e tattiche del terrore qaidista. In pratica, ci si era concentrati su «attività locali », azioni condotte da cani sciolti alle quali, in caso di successo, poi la centrale di al Qaida metteva il suo «marchio di qualità». Negli ultimi tempi, invece, il vento è girato e pare che si sia tornati allo studio di stragi spettacolari, coordinate dallo stesso Ayman al Zawahiri, il successore di bin Laden. A completare il quadretto ci sono poi due bubboni per eccellenza, Pakistan e Corea del Nord. Nel primo caso, “ballano” una cinquantina di bombe “islamiche”. Nel secondo, c’è da fare i conti con il “Giovane leader” di Pyongyang, Kim Jong-un, quello a cui è saltato il ticchio: prima ha fatto fuori zio e fidanzata e poi ha ordinato a tutti i coreani…di tagliarsi i capelli (con il suo stesso styling, non proprio all’ultima moda). Suo padre (Kim Jong-il) era un biscazziere di quelli fini, annunciava sempre iniziative di pace e poi alzava il prezzo. Le sue atomiche erano un’assicurazione sulla vita, e gli garantivano ostriche, champagne e maniglie d’oro (all’ombra, è ovvio, della bandiera rossa). Con Jong-un, invece, pare che tutto questo non funzioni. Insomma, tra lui, i tanti jihadisti in servizio permanente effettivo e al Qaida, il povero Obama sarà costretto, di sicuro, a passare molte notti ai piedi del letto. 3

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