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Tutta Patti in lacrime
accanto a quelle tre bare

   Le tre bare di Guglielmo, Nunzia e Anna sfilano insieme, una dietro l’altra, tra un fiume impressionante di gente. In mezzo quella bianca che custodisce il corpicino della piccola. Appena fuori dalla chiesa un lungo applauso scandisce i passi del corteo che accompagna la famiglia Di Maggio nel suo ultimo viaggio, mentre i compagnetti di classe di Anna lasciano volare in cielo decine di palloncini bianchi. È il momento più commovente della cerimonia funebre che ieri ha attirato al Sacro Cuore di corso Matteotti migliaia di pattesi stretti nel dolore per la perdita dei tre concittadini a causa del terrificante incidente avvenuto sabato pomeriggio all’interno della galleria Battaglia, sull’autostrada A20, tra Castelbuono e Cefalù. La stessa maledetta autostrada che ieri, subito dopo i funerali, li ha condotti a Palermo dove è stata allestita una camera ardente nella chiesa della Madonna del Rosario di Boccadifalco prima della tumulazione nel cimitero di San Martino delle Scale. A celebrare i funerali nella chiesa pattese è don Giuseppe Di Martino insieme ai parroci concelebranti Angelo Costanzo, Dino Lanza, Salvatore Longo e Salvatore Fragapane. Presenti anche tutte le autorità civili e militari della cittadina con in testa il sindaco Mauro Aquino in fascia tricolore. In strada, proprio di fronte alla chiesa stracolma, centinaia di persone ascoltano attraverso gli altoparlanti le toccanti parole pronunciate durante l’omelia da padre Giuseppe che rivolge un pensiero anche al piccolo Antonino, l’unico superstite della famiglia Di Maggio, ancora ricoverato in prognosi riservata al “Di Cristina” di Palermo, nel reparto di rianimazione: «Non lo lasceremo solo a portare questa croce, e lo faremo con la nostra solidarietà. Adesso e soprattutto dopo, quando i riflettori su questa devastante tragedia si saranno definitivamente spenti». Poi l’invito al silenzio: «Non si facciano più discorsi, è giunta l’ora che il silenzio lasci parlare il nostro cuore. Un silenzio che non sia assenza di parola ma che ci conduca alla presenza di Dio, il quale rappresenta l’unica consolazione possibile ».

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