Traffico di minori. E’ questa l’accusa formulata dalla polizia contro l’ambasciatore italiano Daniele Bosio, arrestato due giorni fa nelle Filippine mentre si trovava con tre bambini e al momento rinchiuso in un carcere vicino Manila. Un’accusa pesante, ora al vaglio dei magistrati che decideranno se presentare un capo di imputazione formale. Su Bosio pesa il sospetto di aver abusato dei minori. In attesa comunque che la giustizia filippina faccia il suo corso, la Farnesina ha deciso di sospendere il diplomatico dal servizio. Un atto dovuto, «in ottemperanza alle disposizioni della legge».
Dal punto di vista delle indagini oggi è stata una giornata cruciale perché sono state chiarite alcune delle circostanze che hanno portato all’arresto dell’ambasciatore, da dicembre in servizio in Turkmenistan. Prima di tutto, il luogo del fermo da parte della polizia. Non un appartamento né una stanza d’albergo ma il parco acquatico Splash Island Resort di Binyan, 40 km a sud di Manila, dove Bosio, 46 anni, era in compagnia di tre bambini di 9, 10 e 12 anni. A dirlo è il ministro della Giustizia filippino, Leyla de Lima, confermando la testimonianza di Catherine Scerri e Lily Fiordelis, le due attiviste dell’ong Bahay Tuluyan che hanno denunciato l’ambasciatore dopo averlo visto in atteggiamenti sospetti con i bambini proprio nel parco acquatico. Dai loro racconti e dalla lettura dei fascicoli emerge lo scenario più inquietante. Stando al rapporto della polizia, basato anche sulla deposizione dei tre bambini, Bosio li avrebbe adescati in un quartiere povero di Manila offrendogli soldi, cibo, vestiti e la promessa di un bagno in piscina. Poi il viaggio in macchina fino al Parco acquatico.
Lì, nella stanza che aveva affittato per la sua vacanza, li avrebbe «spogliati, lavati sotto la doccia e massaggiati su tutto il corpo», hanno raccontato i bambini. Da qui, si legge nel rapporto di polizia, la richiesta dei magistrati di sottoporli ad alcuni esami medici per capire se ci sia stata violenza sessuale. Anche perché, hanno detto le attiviste, i bambini sono in grado di lavarsi da soli. L’ambasciatore nega di averli portati nel suo hotel e continua a ripetere che voleva solo «regalare un pò di divertimento a dei bambini di strada». Le attiviste dicono di averlo visto giocare con loro in acqua e che i bambini lo chiamavano «daddy» o «Kuya Rey», che è l’equivalente dell’italiano «fratellone». L’ambasciatore ha risposto a tutte le domande che gli hanno fatto le attiviste a bordo piscina e poi ha accettato di seguirle dalla polizia dopo che una delle due lo ha esplicitamente accusato di avere un comportamento «da pedofilo». In particolare, alla domanda se avesse chiesto ai genitori dei bambini il permesso di prendere i bambini con sé e se gli "sembrasse normale o se in Italia fosse normale prelevare dei bambini e portarli a due ore di macchina dalla loro casa», Bosio ha risposto che «era convinto che li avessero avvertiti loro». Al momento il diplomatico sta preparando la sua memoria difensiva in una cella del carcere di Binyan, singola o comune su questo le fonti non concordano, temporaneamente senza cellulare e internet, che gli sono stati tolti nell’ambito delle indagini. In base alla legge per la tutela dei minori rischia fino a 20 anni di reclusione ed una multa di almeno un milione di pesos (16.200 euro). Fuori dalla prigione in cui è rinchiuso, a quanto si apprende, si è riversata una folla di reporter e fotografi locali per seguire una vicenda che ha avuto molta eco in un Paese tra i più frequentati al mondo per il turismo sessuale. (ANSA)