Kiev passa al contrattacco. Nella russofona Ucraina orientale, tra ieri notte e stamattina i reparti speciali inviati dalla capitale hanno sgomberato gli insorti filorussi da alcuni edifici amministrativi caduti nelle loro mani. Ma la situazione resta tesa, soprattutto a Donetsk e Lugansk - le due città principali della regione mineraria del Donbas, dove le occupazioni dei dimostranti proseguono - e la Russia evoca lo spettro di una «guerra civile» chiedendo a Kiev di «fermare immediatamente tutti i preparativi militari».
Il Cremlino parla di «minacce ai diritti, alle libertà e alla vita di pacifici cittadini dell’Ucraina» e accusa le autorità salite al potere sull'onda della recente 'rivoluzioni di Maidan' d’ammassare a sud-est «truppe dell’Interno e della guardia nazionale». Ma - secondo Mosca - nella zona della rivolta filorussa ci sarebbero anche unità del gruppo paramilitare nazionalista 'Pravi Sektor' nonché «150 mercenari americani della compagnia privata Greystone, vestiti con l’uniforme delle forze speciali di polizia». Accusa a cui il segretario di Stato Usa, John Kerry, replica denuncia il presunto afflusso a Donetsk, Lugansk e Kharkiv di «agenti russi» e «provocatori» incaricati di «creare il caos». Malgrado la polemica rovente, le porte del dialogo restano comunque aperte, e ieri sera Kerry e il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov hanno discusso di possibili negoziati a quattro Ue-Usa-Russia-Ucraina per risolvere la crisi. Vladimir Putin vuole però che nelle trattative sia rappresentato anche il sud-est russofono del Paese, ma soprattutto pretende che prima dei negoziati venga presentata una bozza di una nuova Costituzione ucraina che preveda il federalismo tanto auspicato dalla Russia (e a cui il nuovo potere di Kiev è ostile). Per il momento un compromesso appare del resto alquanto lontano: Mosca avrebbe decine di migliaia di militari al confine pronti a intervenire, e oggi Kerry ha sostenuto che le proteste filorusse potrebbero essere un pretesto ben pianificato per un intervento militare sulla falsariga di quello che ha recentemente portato all’annessione della Crimea alla Russia. Diversamente dalla penisola sul Mar Nero, l’Ucraina sudorientale accoglie però anche numerosi sostenitori delle nuove autorità ucraine, e un bis della Crimea non sembra dietro l’angolo, almeno per ora. A Kharkiv la scorsa notte le forze speciali hanno lanciato quella che Kiev ha definito una «operazione antiterrorismo" contro i filorussi che picchettavano la sede dell’amministrazione regionale. Ci sono stati feriti e 70 insorti sono stati arrestati. Per tutta la giornata di ieri la situazione era rimasta tesa, e in serata gli occupanti avevano incendiato con molotov due uffici al pianterreno dell’edificio. A Donetsk - dove ieri i filorussi hanno proclamato una 'Repubblica sovranà e indetto per l’11 maggio un referendum per il federalismo o per l’annessione a Mosca - unità antisommossa hanno fatto invece sgomberare gli insorti dalla sede dei servizi segreti, mentre a Mikolaiv, nell’Ucraina del sud, ci sono stati scontri tra filorussi e sostenitori del nuovo governo di Kiev e 15 persone sono rimaste ferite. I filorussi occupano però ancora il palazzo della Regione a Donetsk e la sede dei servizi segreti a Lugansk. Entrambi gli edifici sono in mano a uomini armati e, secondo gli 007 ucraini, a Lugansk gli insorti avrebbero preso in ostaggio 60 persone e avrebbero minato il palazzo, cosa che però i dimostranti intervistati dai media di Mosca negano categoricamente. Kiev sembra decisa in ogni modo a usare il pugno di ferro. Oggi - in una seduta parlamentare 'animatà e in cui deputati comunisti e nazionalisti violentemente sono venuti alle mani - il presidente Oleksandr Turcinov ha dichiarato che i "separatisti» che «imbracciano le armi e che assaltano i palazzi saranno trattati come prevedono la Costituzione e le leggi, come terroristi e criminali». Inoltre, il parlamento ha approvato per il rotto della cuffia (con appena 5 voti in più del quorum richiesto) un inasprimento delle pene per i reati contro lo Stato. Chi attenta all’unità territoriale ucraina rischia fino a cinque anni di reclusione (prima la pena massima era di tre) e dai cinque ai dieci anni se ha incarichi pubblici.
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