Così mi spezzi il cuore. È questo il messaggio forte che la Fiat ha voluto indirizzare a quei dipendenti che l’hanno “tradita”, scegliendo di acquistare marchi stranieri. Messaggio forte pure nel modo di comunicarlo: chi aveva lasciato l’auto “straniera” parcheggiata nei piazzali aziendali, finito il turno di lavoro, l’ha ritrovata impacchettata nel cellophane, con su stampato un grande cuore rosso in... frantumi. La trovata non è piaciuta a tutti, ma quantomeno ha rimarcato l’esigenza di ritrovare un po’ di orgoglio nazionale. Certo non si vuol riproporre l’autarchia –la globalizzazione è irreversibile – tuttavia l’Italia non può fare a meno di pensare a una nuova politica industriale e di marketing del Made in Italy. Se non si creeranno le condizioni per agevolare gli investimenti produttivi, tra l’altro con uno Stato che continua a bruciare risorse e a regalare tasse (lo scorso anno il peso fiscale sui salari ha toccato il 47,8% tra imposte e contributi), presto o tardi si faranno i conti con una decrescita irreversibile. Le avvisaglie ci sono. La Fiat ha trasferito il centro decisionale negli Stati Uniti e quello finanziario in Olanda. Ha “tradito” il Paese? No, legittima difesa, sta solo cercando di essere competitiva rispetto ai colossi europei e giapponesi. Ha più volte usufruito di agevolazioni statali, ha qualche demerito, è vero, ma in questo contesto storico servono scelte audaci per restare in piedi. Occorre bloccare altri esodi. Il governo Renzi dovrebbe puntare sul recupero della cultura d’impresa, a partire da settori di punta come l’agricoltura. Nella produzione vitivinicola, ad esempio, nel 2013 siamo stati superati da Francia e Spagna. Semplici dinamiche stagionali? Forse no visti i precedenti, soprattutto nell’agroalimentare. Qualche decennio fa abbiamo perso i maggiori marchi dell’olio d’oliva, Carapelli e Bertolli, finiti nella mani della Deoleo. Oggi la produzione spagnola destinata all’esportazione non viaggia con le navi cisterna –erano quasi tutte per la nostra industria – ma in bottiglie (300 milioni di litri) con etichette italiane e a prezzo pieno. La crisi delle banche iberiche azioniste di Deoleo aveva riaperto i giochi: in campo il Fondo strategico italiano e gli inglesi di Cvc, che giovedì si sono aggiudicati la partita. La morale? L’Italia interessa a tutti tranne che agli italiani!