Fra cinque-sei mesi al massimo l’Iran avrà la sua bomba atomica, lungamente sognata. Il progetto, che risale a un quarto di secolo fa, ora è a un passo dalla realizzazione. Per la gioia dell’universo sciita e per il terrore di tutto il resto della compagnia, dai sunniti del Golfo Persico agli europei. Sì, perché gli americani, da quest’orecchio, proprio non ci sentono, per motivi che potremmo definire “strategici”, ma che, più prosaicamente, risultano, di “v ile” realpolitik. Almeno a sentire gli israeliani (e anche i sauditi), letteralmente imbufaliti con Barack Obama, che giudicano inaffidabile e abilissimo ballerino di valzer: pronto, cioè, a cambiare passo di danza, partner e musicanti pur di soddisfare gli interessi della bottega a stelle e strisce. Ma andiamo con ordine, descrivendo fatti e notizie che metteranno sottosopra tutta la “macro-area” di crisi del Medio Oriente. Dunque, i servizi segreti di Gerusalemme hanno diffuso uno spiffero, che arriva direttamente dal cuore del regime degli ayatollah (le Guardie rivoluzionarie), che parla della “superbomba” col turbante in dirittura d’a r r ivo. Da settembre in poi. La soffiata fa il paio con quanto sostenuto dall’ossuto e imperturbabile Segretario di Stato Usa, John Kerry, lo scorso 8 aprile davanti al Comitato per le Foreign Relations del Senato, a cui ha confessato che tempo due mesi “l’Iran avrà abbastanza uranio arricchito per fabbricarsi la “bomba”. Calmo e tranquillo, manco stesse parlando dei botti di Carnevale, Kerry ha fatto capire che non c’è da preoccuparsi e che tutto è sotto controllo. Mah, certamente, sfonda una porta aperta. Lo sappiamo (e lo scriviamo) da lunga pezza che Stati Uniti e Iran sono diventati come i “ladri di Pisa”. Litigano di giorno e poi vanno a rubare di notte, d’amore e d’accordo. Per raggiungere il loro scopo, gli americani, dopo la catastrofe diplomatica scatenata dalla Primavera Araba, hanno messo il mondo sottosopra, ribaltando alleanze, riavvicinandosi agli ayatollah a passo di carica, salvando le terga di Bashar al-Assad e “vendendosi”, con tutte le scarpe, i rivoltosi siriani e le loro ragioni. Risultato: 120 mila morti (per niente) dalle parti di Damasco e via libera a Teheran per fabbricarsi l’atomica. Che le cose si stiano mettendo in un certo modo è anche testimoniato dall’ottimismo che filtra dai negoziati di Ginevra (e di Vienna). Certo, bisogna vedere a che prezzo saranno conclusi gli accordi, dato che il ministro degli Esteri di Teheran, Mohammad Javad Zarif, ribadisce che “nessuna imposizione verrà accettata”. In molti sono convinti che tra la Casa Bianca e la Guida Suprema, Alì Khamenei, esista già un feeling che non ti aspetti, costruito pazientemente in mesi e mesi di negoziati sotto traccia. Un ulteriore segnale arriva con la notizia che gli Stati Uniti starebbero per “scongelare” i fondi depositati nelle banche d’Oltreoceano. In particolare, si parla di 450 milioni di dollari pronti a ritornare, come pecorelle smarrite, nell’ovile sciita grazie alla “buona condotta” persiana (dicono loro) testimoniata dalla Iaea, l’Agenzia atomica internazionale. Certo, il report Iaea non quadra granchè con ciò che sostengono gli 007 di Gerusalemme e lo stesso Kerry a Washington. Secondo quello che dicono ufficiosamente gli specialisti dell’Onu (che, comunque i granchi li prendono… anche senza nasse) gli iraniani avrebbero neutralizzato “metà dell’uranio arricchito” al 20%, cioè quello buono per fare le bombe. Limitandosi a produrre combustibile fissile al 5%. L’i n g a r b ugliatissima matassa appare inestricabile e gli scenari sono pieni di contraddizioni, per usare un eufemismo. Il blocco iraniano è pieno di fessure che potrebbero presto diventare rovinose spaccature. Secondo voci “autorevoli” le Guardie Rivoluzionarie si sarebbero messe di traverso, giocando al tanto peggio tanto meglio e cercando, costantemente, di influenzare negativamente le trattative, sabotandole. Che esista un partito “a nti- trattative” dentro la teocrazia persiana è risaputo. Che questa fazione, settimana dopo settimana, vada guadagnando punti forse è meno noto. La prova più evidente di tale situazione conflittuale è fornita dalle stesse dichiarazioni di Khamenei che, ultimamente, da un lato ha riconfermato la necessità di negoziare e dall’altro ha espresso, a chiare lettere, la volontà di non fare sconti. I fondi congelati di cui abbiamo riferito sopra si aggirano sugli 11 miliardi di dollari, che per gli ayatollah, in questa fase di recessione sarebbero manna dal cielo. Finora, dicono i “duri e puri” non si è visto il becco di un quattrino, a fronte delle ipotetiche concessioni fatte dal presidente Rohani. Che viene tenuto d’occhio, aggiungiamo noi. Anche queste lamentele, comunque, sembrano pretestuose, dato che diversi Paesi (Usa, Giappone, Europa e Corea del Sud, a essere precisi), pare che abbiano già cominciato a sganciare il malloppo, necessario come il pane per gli ayatollah, se vorranno evitare di vedersi spaccare le vetrine dei negozi dalla folla inferocita. Perché? Presto detto. Per evitare guai hanno promesso a poveri e diseredati un “salario minimo garantito” di circa 42 mila “t oman”, circa 15 dollari al mese. Ma i forzieri statali sono pieni di ragnatele e il governo non sa dove pescare i soldi necessari. Ergo, si è inventato un polpettone burocratico, (tutto il mondo è paese) fatto di domande, bolli, istanze, documenti e iscrizioni “on line” tramite internet, che sta portando gli iraniani sull’orlo di una crisi di nervi. Per cui, o arrivano “i nostri”, cioè i dollari dello Zio d’America, o la situazione si mette maluccio. A questo punto si capisce benissimo come la lite, more solito, sia per la coperta. Gli ayatollah hanno bisogno di quattrini e trattano facendo mille promesse, mentre, sottobanco, si azzannano in famiglia. Obama ha bisogno di mettere una pezza alle aree di crisi in Medio Oriente e in Asia Centrale. Proprio per questo ha fatto il patto col diavolo (iraniano). E gli altri? Gli europei contano quanto il due di briscola, la Russia fa i suoi calcoli, gli israeliani, sempre più inquieti, spifferano ai quattro venti gli accordi raggiunti di sguincio nelle segrete stanze e sauditi ed egiziani hanno rivoltato le alleanze come un calzino. Tutti nell’a ttesa che avvenga l’i n e v i t a b ile. Cioè che l’Iran si fabbrichi le sue belle bombe atomiche e poi ci presenti il conto.
L’Iran avrà presto le
sue bombe atomiche
di Piero Orteca
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