I soldi non li intasca direttamente. Per ora, fin quando cioè non finirà di scontare la sua condanna a 7 anni per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra, a gestire il conto su cui da tre anni finiscono i 6mila euro di vitalizio che l’Ars gli dà ogni mese ci pensa un procuratore speciale. Chiuso in una cella del carcere romano di Rebibbia, Totò Cuffaro, ex potente governatore siciliano, dovrà attendere ancora un po’ prima di potersi godere il vitalizio che l’Assemblea regionale gli dà in qualità di ex parlamentare. Una storia paradossale, quella dell’ex presidente condannato per avere fatto arrivare ai clan informazioni riservate su indagini in corso, che ha destato non poche perplessità tra gli stessi funzionari dell’Ars che a lungo si sono interrogati sulla legittimità di quella pensione. La legge, però, pare sia chiara. Il denaro gli spetta, al diavolo tutte le pompose dichiarazioni di rigore, risparmi, sacrifici. All’Ars sono generosi anche con gli ex parlamentari. Tre anni fa l’ex governatore incarica i suoi legali di richiedere la pensione per gli anni trascorsi tra gli scranni di Palazzo dei Normanni. Fino al 2012, l’Assemblea attribuiva agli ex deputati con almeno 50 anni di età e tre legislature alle spalle il diritto ad accedere al vitalizio. Proprio il caso di Cuffaro che comincia a percepire l’assegno. Con l’approvazione da parte dell’Ars del regolamento che recepisce il cosiddetto decreto Monti sui costi della politica, ai funzionari viene però il dubbio che la pensione non gli spetti più. Ma basta un’attenta lettura della norma per capire che non è così. La legge, infatti, prevede la sospensione del vitalizio “per chi è condannato per reati contro la pubblica amministrazione con pena accessoria dell’in - terdizione dai pubblici uffici». In nessun articolo si parla di reati di mafia. E l’ex presidente, condannato per favoreggiamento a Cosa nostra, può dunque continuare a percepire la somma.
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