Se le simulazioni servono a mimare una realtà possibile, a prepararsi, insomma, a ciò che potrebbe riservarci il futuro, allora quanto avvenuto nei giorni scorsi in Arabia Saudita non può che toglierci il sonno. Dalle parti di Riad si sono verificati eventi che gli osservatori occidentali hanno colpevolmente ignorato. Dopo giorni di massicce esercitazioni militari, denominate “Operation Saif Abdullah” (cioè “Operazione Spada di Abdullah”) che hanno coinvolto ben 130 mila uomini, gli sceicchi hanno fatto sfilare in una grande parata, per la prima volta, missili di fabbricazione cinese in grado di portare testate nucleari. All’esibizione di forza hanno partecipato truppe di tutti gli Stati del Golfo, eccetto il Qatar, e, udite udite, unità dell’esercito egiziano. Parlami suocera e intendimi nuora, lo show-down ha avuto due obiettivi molto chiari: mettere in guardia i sempre più ambiziosi ayatollah iraniani e, contemporaneamente, tirare le orecchie a Barack Obama, facendogli capire che l’asse saudita-egiziano può benissimo fare a meno della macchina bellica Usa. Il discorso è ormai vecchio quanto il cucco e lo abbiamo già affrontato con grande dovizia di particolari. Ma lo ripetiamo per tutti, specie per coloro che, ingenuamente, ancora non si sono resi conto dei terremoti di 10. grado (Richter) provocati da tutti i teorici della “esportazione”, tanto al chilo, della democrazia. Gli americani, dopo i disastri combinati con la “Primavera araba” hanno quasi perso l’Egitto e stanno disperatamente lottando per non farsi mandare definitivamente a quel paese anche dall’Arabia Saudita. Nel primo caso, hanno scelto il cavallo sbagliato, puntando sui “Fratelli Mussulmani” di Mohammad Morsi e gettando a mare, come un ronzino qualunque, l’alleato di una vita, il “raìs” Hosni Mubarak. Sennonché, un colpo di stato ha riportato al potere i militari. Lasciando Obama e i suoi 2.297 consiglieri a leccarsi le ferite. Nel caso dei sauditi, invece, il discorso è un pochino più complicato. La cosca “vincente” dei 2.297 di cui sopra, ha convinto la Casa Bianca che scendendo a patti con l’Iran (sciita) si sarebbe, in un colpo solo, risolto il contenzioso nucleare con gli ayatollah, spianata la strada a un accordo sulla Siria e, miracolo!, gettata al Qaida (sunnita) nel bidone della spazzatura. Semplice, no? Fin troppo, forse. Dato che all’Arabia Saudita, nemico storico e acerrimo dei dirimpettai ayatollah, è saltato il ticchio. A Riad non hanno gradito la “d i s i n v o ltura”, diciamo così, con cui Obama ha zompato fulmineamente al di qua e al di là della barricata. Se il giorno prima si parlava di sotterrare di bombe Assad, il giorno dopo il “contrordine compagni” ha, praticamente, girato sottosopra il quadro siriano, e gli “amati ribelli”, infestati di terroristi di al Qaida, sono diventati il nemico pubblico numero uno. Ma a Riad non se la sono calata e si sono attrezzati facendo shopping nei supermercati delle armi indiani, giapponesi e, soprattutto, pakistani. Il capo di stato maggiore della Difesa di Islamabad, generale Raheel Sharif, è volato a Riad per definire i dettagli del patto con i sauditi. Diversi i punti principali dell’intesa. Il primo, cruciale, ha riguardato la disponibilità di bombe atomiche, che saranno cedute al governo di Riad. L’Arabia diverrà, così, una potenza nucleare, dato che gli ordigni saranno “p a rcheggiati” sul suolo della Penisola. Pronti all’uso, viene sinistramente e a scanso di equivoci specificato. Ne consegue (secondo punto) che unità pakistane opereranno in Arabia, mentre gruppi di specialisti sauditi verranno “istruiti” a Islamabad. Aerei da combattimento pakistani, in grado di trasportare e sganciare bombe atomiche (gli “Shaheen 11”, per l’esattezza) saranno venduti agli sceicchi contro possibili invasioni esterne”. Mancavano i vettori giusti per i gingilli atomici e ora, grazie alla parata militare, sappiamo che ci hanno già pensato i nuovi “amici” di Pechino. Ma gli analisti vanno oltre. La presenza degli egiziani, dicono, è un chiaro avviso ai naviganti sciiti: se l’Iran sbaglierà i suoi calcoli, troverà ad attenderlo un formidabile schieramento sunnita, guidato da Riad e dai generali cairoti. Il tutto alla faccia di Obama, dei suoi sette pesi e delle millanta misure che la Casa Bianca sta utilizzando in politica estera. Fonti israeliane hanno rivelato che, nella tribuna autorità, durante la parata, sedeva, molto soddisfatto, proprio il generale Raheel Sharif, capo di Stato maggiore pakistano. E così il cerchio (sunnita) si chiude. I missili balistici, che a quanto pare hanno già provocato copiose sudorazioni notturne a Obama, sono i DF-3 (nome in codice Nato CSS-2) fabbricati apposta per trasportare la cosiddetta “bomba atomica islamica”, prodotta in Pakistan. Si diceva prima della dimostrazione di forza saudita diretta “ad avvisare” l’inedito asse Teheran-Washington. Per far capire come le aree di crisi ormai si saldino in un modello “macro” e come mosse apparentemente distanti tra di loro si leghino in un “effetto domino”, va sottolineato che ai sommovimenti nel Golfo Persico rispondono, quasi specularmente, operazioni di massiccia portata sul fronte mediorientale. L’intesa tra gli americani e gli ayatollah ha capovolto molti scenari in Israele, Libano e Siria. Anche Netanyahu manda messaggi e non sono propriamente colombe e ramoscelli d’ulivo. Le forze israeliane, domenica 4 maggio, hanno “scatenato” imponenti manovre militari intorno al Golan. Il bollettino per i naviganti, questa volta, era chiaramente diretto al siriano Assad e allo sceicco Nasrallah, capo delle milizie di Hezbollah. Coinvolti, tanto per capirci, almeno 500 carri armati, batterie di missili terra-aria e centinaia di pezzi semoventi di artiglieria. Il war-game di Gerusalemme sembra una mossa per giocare d’anticipo sugli scenari di crisi che potrebbero delinearsi nell’immediato futuro, dopo le “pensate” dei cervelloni che bivaccano nelle Cancellerie occidentali. Funziona così: gli iraniani si costruiscono la “b o mba” (o quasi) col beneplacito degli Usa, gli israeliani giocano d’anticipo e li attaccano, gli ayatollah replicano e scatenano hezbollah e siriani contro la Galilea, mentre nel Golfo Persico si scatena l’apocalisse, con sauditi ed egiziani da un lato e Teheran dall’altro. E gli americani? In mezzo, in stato di confusione mentale.
Arabia, giochi di
guerra (nucleare)
di Piero Orteca
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