Boom di richieste di rimozione dopo che Google ha aperto la possibilità ai cittadini europei di poter inviare con un modulo su Internet la domanda per cancellare link, a loro riferiti, non più "adeguati" o "rilevanti". Sarebbero 12mila, con un picco di 20 al minuto, le richieste arrivate da tutta Europa in meno di una giornata al colosso del web. "Esamineremo ogni richiesta cercando di bilanciare il diritto alla privacy con quello all'informazione", spiega un portavoce dell'azienda che nel frattempo ha costituito un comitato internazionale di esperti - tra cui Jimmy Wales di Wikipedia e l'italiano Luciano Floridi, professore di filosofia dell'informazione ad Oxford - per valutare le implicazioni della decisione della Corte di Giustizia Ue dello scorso 13 maggio. Il modulo da compilare online è abbastanza semplice: chiede di identificarsi fornendo la copia digitale di un documento, la firma elettronica della richiesta e l'indicazione di quale link si chiede la rimozione. "Nell'implementare la decisione coopereremo con i Garanti della Privacy e altre autorità", sottolinea Google.
"La decisione è certamente un fatto positivo - osserva il Garante italiano per la privacy, Antonello Soro - e naturalmente non deve essere mai preclusa la possibilità di coniugare i diritti fondamentali delle singole persone con la libertà di informazione e l'interesse collettivo a conoscere dei fatti di rilevanza pubblica". Per il sottosegretario con delega alle Comunicazioni Antonello Giacomelli, "la scelta di Google è interessante" ma ci mette di fronte "a questioni ancora aperte che, forse, alla vigilia del semestre di presidenza italiana dovremmo cominciare a porci. La centralità non solo economica di giganti come Google, Facebook, Amazon, Apple, Twitter ci costringe oggi a ragionare in termini 'costituenti', innovativi, di diritti e doveri della persona".
Nel comitato di sette esperti messo in piedi da Google ci saranno, oltre a Jimmy Wales e al professor Floridi che si è laureato all'università La Sapienza di Roma, anche Peggy Valcke, professore di legge all'università di Lovanio; Frank La Rue, che ha un incarico speciale all'Onu per la promozione e la protezione del diritto alla libertà di opinione ed espressione; Jose Luis Pinar, accademico all'università Ceu San Paolo di Madrid. E anche due dirigenti di Google: il presidente Eric Schmidt e David Drummond, vice presidente degli affari legali. La svolta del colosso del web è arrivata a pochi giorni dalla sentenza della Corte Ue, che aveva dichiarato che il motore di ricerca è responsabile del trattamento dei dati personali pubblicati su pagine web di terzi. La sentenza era arrivata dopo la richiesta di un cittadino spagnolo che aveva presentato al Garante Privacy del suo paese un reclamo contro il quotidiano La Vanguardia e Google, perché il suo nome online era legato ad una vecchia questione di debiti. Google aveva fatto ricorso e, nonostante l'anno scorso l'avvocato generale della Corte avesse dato ragione all'azienda, lo stesso organismo ha poi ribalto il parere il 13 maggio scorso. A caldo Google aveva parlato di una decisione "sorprendete e deludente". "Vorrei che fossimo stati più coinvolti in un vero e proprio dibattito in Europa - spiega in un'intervista al Financial Times Larry Page, amministratore e co-fondatore dell'azienda di Mountain View -. Ma c'è una cosa che abbiamo appreso da questa vicenda: che stiamo iniziando ora un processo di dialogo e di condivisione con la vita della gente".
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