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Milano, il marito
ha confessato

Carlo Lissi avrebbe sterminato la famiglia a causa di una passione per una collega di lavoro. Una passione non corrisposta, a quanto risulta, e di cui la moglie non era a conoscenza. La collega di Lissi lo ha confermato agli investigatori, affermando che l'uomo si era dichiarato. La sera della strage, inoltre, i coniugi non avevano litigato, anzi avevano appena fatto l'amore. 

''Carlo Carlo perché mi fai questo?'': sono state le ultime parole della moglie, pronunciate mentre lui la colpiva con coltellate ripetute. La donna, colta di spalle mentre guardava la tv, ha anche cercato di reagire, ma lui l'ha colpita anche con un pugno.

''Voglio il massimo della pena''. Con queste parole, la scorsa notte, Carlo Lissi, mettendo la testa fra le mani, nel corso di un interrogatorio dei carabinieri, ha fatto la sua prima ammissione di colpevolezza. Poi ripetuta davanti al pm al quale ha reso piena confessione.

  Lissi ha sterminato la famiglia e poi è andato a vedere la partita dell'Italia da amici, come se niente fosse. Lo ha confermato il procuratore capo di Pavia, Gustavo Cioppa. L'uomo ha anche detto che ha gettato l'arma usata per il delitto, un coltello, in un tombino di Motta Visconti.

    Un triplice omicidio efferato, spietato, quello di cui è accusato Lissi, che ha creato ''angoscia'' perfino negli inquirenti. La donna, Cristina Omes, di 38 anni, e i due piccoli, Giulia e Gabriele, di 5 anni e di 20 mesi, sono stati sgozzati e sui loro corpi ci sono numerose altre lesioni che non fanno escludere un accanimento.

   A chiamare i carabinieri è stato proprio, Carlo Lissi, di 31 anni, rincasando dopo la partita dell'Italia che aveva visto con altri amici, in paese. L'uomo era stato sentito dalla scorsa notte fino alla mattina ma nei suoi confronti non era stato emesso alcun provvedimento, anche se era rimasto ''volontariamente'' a disposizione degli investigatori che non hanno mai smesso di confrontare le sue dichiarazioni con quelle di parenti e testimoni, richiamandolo più volte in caserma.

   La coppia e i bambini vivevano in una villa nella zona residenziale di Motta Visconti, all'angolo tra via Di Vittorio e via Ungaretti, su un solo piano e con un grande giardino davanti, che è di proprietà della famiglia di lei, che gestisce un negozio di frutta e verdura. Cristina, in particolare, era conosciuta da tutti perché originaria del paese: ''Lavorava come impiegata alle assicurazioni Sai - dice un residente - e prima del secondo figlio faceva la volontaria in Croce Rossa''. Il marito, invece, un consulente informatico, lavora a Milano.

   Nella casa la scena apparsa ai soccorritori, intorno alle 2 della scorsa notte, è stata raccapricciante: sangue ovunque e i corpi della bambina nella sua cameretta, del piccolo nel letto matrimoniale e della donna, in soggiorno, martoriati. La cassaforte aperta e i contanti in essa contenuti, una cifra di non particolare entità, pare, spariti, ma senza segni di effrazioni evidenti sul forziere o sulla porta. Forse una messinscena.

   Stamane nella villa in via Ungaretti, è previsto un sopralluogo del Ris (Reparto investigazioni scientifiche) di Parma che, sulla scena già 'cristallizzata' dagli investigatori, dovrà compiere una seconda serie di più approfondite analisi. Intanto, dopo la formalizzazione del fermo, i carabinieri di Abbiategrasso hanno trasferito il 31enne nel carcere di Pavia

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