Dialogo a tutto campo, anche con Lega e M5s, ma nessun rallentamento o passo indietro. Questa è la linea del Governo alla vigilia di una settimana decisiva per la fine del bicameralismo paritario. Ma proprio a pochi metri dal traguardo continuano a spuntare nuove grane per l'impianto della riforma, mentre Forza Italia sembra frenare gli entusiasmi. Oggi il problema si chiama immunità: concederla o meno anche ai futuri senatori? Questo è il dubbio che potrebbe condizionare il dibattito dei prossimi giorni. Intanto il ministro per le riforme, Maria Elena Boschi, va avanti decisa ben sapendo che l'incontro con i grillini della settimana prossima nasconde un sacco di insidie. Spera che sia "proficuo e sereno e", soprattutto, "che finalmente si possa parlare del merito delle riforme", ma che porti a risultati non sembra crederci: "Siamo interessati ad ascoltare le proposte del M5s - spiega - ma non si può ricominciare da capo e ritardare il processo, dobbiamo andare avanti con determinazione".
D'altronde, sulla riforma del Senato il Pd ha fretta. I tempi sembrano ormai decisi: ieri c'è stato ''un passo decisivo verso l'accordo" sul nuovo Senato composto da 100 componenti (in rappresentanza di Regioni e Comuni o nominati dal presidente della Repubblica) e si va "verso la votazione finale nel mese di luglio", assicura il ministro arrivando al seminario dell'Area Riformista del Pd, a Massa Marittima (Grosseto). Il Pd vede la fine. Ma uno degli attori principali del ''passo decisivo'', Forza Italia, non pare condividere: "Tutti parlano di accordo fatto sulle riforme - dice Paolo Romani - Abbiamo fatto progressi, ma non siamo assolutamente all'ultimo metro. Rimane molto da fare".
Nel frattempo, col Pd si sono fatti avanti la Lega e i grillini. Le riforme, sia quelle costituzionali sia quella elettorale, ''non si fanno a colpi di maggioranza'', spiega il ministro, quindi "se ci sono stati dei ripensamenti noi siamo contenti". Però, ribadisce, ''non si può buttare all'aria il lavoro di mesi che ha coinvolto tutto il Parlamento". Dell'opposizione, quindi, l'interlocutore più sicuro resta Fi. Qualcuno ricorda al ministro Boschi che il leader azzurro, Berlusconi, è un pregiudicato: "E' un partito che rappresenta milioni di cittadini e che siede in Parlamento", ribatte lei.
Intanto, gli industriali tornano a chiedere passi avanti. "Le riforme in questo Paese sono un po' come gli antibiotici - ribadisce il leader di Confindustria, Giorgio Squinzi - che vanno dati perché si possa svoltare e ripartire, ma le vitamine per crescere possono venire solo dalle imprese". Mentre l'Ad di Fiat e Chrysler, Sergio Marchionne, prima dice di appoggiare ''qualsiasi piano che va a cambiare regole non più competitive'' e poi aggiunge: "Mi piace l'atteggiamento di Renzi, la sua freschezza''.
Quelle della Legge elettorale e del Senato non sono le uniche riforme in cantiere: ci sono anche quelle della pubblica amministrazione e del terzo settore. "La Thatcher è il nostro paradigma negativo - spiega il ministro Boschi - non possiamo fare a meno della società civile e dei corpi intermedi, ma abbiamo chiesto loro uno sforzo: di non essere burocratizzati o autoreferenziali. Anche da parte dei sindacati ci sono state risposte positive".
Intanto, anche dentro il Pd c'è chi chiede modifiche. Area riformista, per esempio, chiede che nell'Italicum venga migliorato il rapporto eletti-elettori, che poi è un modo sofisticato per dire: preferenze, su cui invece frenano i "giovani turchi" di Matteo Orfini, Andrea Orlando e Francesco Verducci. "È un punto aperto nel nostro partito - risponde il ministro Boschi - Si può discutere di tutto, ma spesso i soggetti che appoggiano una scelta diretta dei cittadini riconoscono anche ai partiti una capacità di selezione, come dimostrato dall'esito delle primarie".
E poi ecco i dubbi di qualcuno sull'immunità parlamentare ai componenti del nuovo Senato: "E' una proposta dei relatori vedremo che accadrà in seguito", taglia corto il ministro. Ma uno dei relatori, Roberto Calderoli, rilancia: "se non piace l'immunità, allora togliamola tanto ai senatori che ai deputati: tutti uguali ai comuni cittadini".