La maratona europea, tesa anche a stabilire chi occuperà i posti chiave a Bruxelles, ha fatto passare in secondo piano quattro “emergenze” che meriterebbero la prima pagina dell’agenda del premier Matteo Renzi.
L’Ilva di Taranto Il più grande gruppo siderurgico d’Europa si sta... spegnendo nell’i n d i f f erenza generale: le casse sono vuote, così come le tasche dei lavoratori e dei fornitori; la messa in sicurezza degli impianti insalubri stenta a decollare, anche perché il conflitto magistratura-proprietà non lascia spazi all’auspicabile equilibrio tra la necessaria salvaguardia dei livelli occupazionali e la doverosa tutela dell’a mbiente. La palla è passata da un commissario all’a ltro, nulla di più. Ma a Roma qualcuno si è chiesto cosa significherebbe per l’Italia l’annientamento di questo “gigante” dell’i ndustria pesante, strategica per il presente e il futuro dell’Italia? All’estero sì, qualcuno si è fatto due conti e già gongola. Un rapporto dell’elvetica Ubs, una delle più importanti banche del mondo, propone la chiusura dell’Ilva come rimedio all’eccedenza di offerta d’acciaio in Europa. L’operazione stop, purtroppo già in atto, «costerebbe 1 miliardo di euro e permetterebbe di salvare altre imprese comunitarie », in particolare la tedesca Salzgitter, l’austriaca Voestalpine e qualche altro player. Che singolare ragionamento, chissà da chi ispirato! Vogliamo una buona volta svegliarci?
Gruppo Indesit Uno dei più importanti produttori di elettrodomestici d’Europa, di proprietà della famiglia Merloni, sta per passare di mano. Disponibili ad aprire il portafogli gli americani di Whirlpool, gli svedesi di Electrolux e i cinesi di Sichuan Changhong Electric. Emigrano i giovani e, purtroppo, pure le “cabine di comando” che stanno a capo dei grandi poli produttivi. Non c’è politica industriale. Quale ruolo potrà esercitare, se non quello della... comparsa, un Paese di fatto eterodiretto?
Debito pubblico Nel 2013 l’Italia ha pagato d’interessi ben 82 miliardi di euro, un’enormità pari al 5% del Prodotto interno lordo. Se non si abbatterà drasticamente la spesa pubblica – con il commissario Cottarelli finora solo esercizi di pura teoria – si rischierà il fallimento o la patrimoniale a carico dei soliti noti. Gli evasori cronici stiano tranquilli.
Emergenza lavoro Le misure varate dal Governo Letta per incentivare l’occupazione, a oggi, si sono rivelate un fiasco: appena 22.000 assunzioni rispetto alle 100.000 previste col bonus fiscale. La verità è sotto gli occhi di tutti, tuttavia ancora in troppi fanno finta di non comprenderla: il cuneo fiscale, le tasse sulle imprese e i vincoli eccessivi dello Statuto dei lavoratori sono una diga invalicabile che blocca le assunzioni. No al precariato, ma neppure all’eccesso di salvaguardie.
È il momento di agire Visto come vanno le cose sulla rimodulazione della legge elettorale e del Senato, quando il Parlamento avrà voglia di sciogliere il nodo delle riforme strutturali potrebbe essere troppo tardi. Poco male per chi anela alla decrescita felice. Ma per gli altri, ovvero per la maggioranza degli italiani?