"Sentiti 'u buotto! (senti il botto): così mi dissero domenica 19 luglio Mimmo e Stefano Ganci, pochi minuti prima dell’attentato al giudice Borsellino, in via D’Amelio". Lo racconta il collaboratore di giustizia Antonino Galliano, rispondendo alle domande del pm Nino Di Matteo, al processo per la trattativa Stato-mafia. "Quel giorno ero di servizio come portiere alla Sicilcassa in via Cordova ed effettivamente si sentì un gran botto", aggiunge Galliano, nipote del boss della Noce, Raffaele Ganci, che lo inizì in forma riservata nel 1986, "perchè -dice Galliano- essendo diplomato ed incesurato, potevo essere utile per intrattenere rapporto con l’esterno e con soggetti non affiliati a cosa nostra". Il pentito - condannato per numerosi omicidi tra cui quello dell’ex sindaco di Palermo, Giuseppe Insalaco - si occupò degli appostamenti e dello studio dei movimenti delle scorte dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. E ancora: "Nel 1994 Salvatore Cucuzza mi chiese un incontro e per informarci, che c'era stato un incontro con Bagarella e Brusca e altri per decidere se proseguire con la strategia stragista. In quel frangente, 1994 inoltrato, con Forza Italia al governo, mi informò che aveva sollecitato Brusca e Bagarella sulla possibilità che Vittorio Mangano andasse a trovare Marcello Dell’Utri per aiutare i detenuti e soprattutto per l’abolizione del 41 bis". Galliano ha poi aggiunto: "Mimmo Ganci non lo vedevo da qualche giorno. Quando lo rividi mi disse che era stato fuori perchè aveva accompagnato Totò Riina in un luogo imprecisato della Calabria per partecipare ad una riunione a cui partecipavano anche generali, ministri, politici e esponenti delle istituzioni". (AGI)
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