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Gaza, in 50mila sull’orlo del trappolone


di Piero Orteca

In Medio Oriente sai sempre da dove cominci, ma non riesci mai a capire dove andrai a parare. La preannunciata incursione israeliana a Gaza, casa per casa e vicolo per vicolo, a noi sembra una bestialità, sia militarmente che dal punto di vista diplomatico. Certo, Netanyahu possiede una formidabile macchina informativa, dal mitico Mossad allo Shin-bet. La migliore del mondo, senza dubbio. Ma questa volta è diverso. Avevamo parlato di “nuova Stalingrado”, per descrivere la situazione tattica sul campo, fatta di bunker, cunicoli, rifugi su più livelli, depositi di armi e munizioni dove meno te li aspetti. Insomma, un ginepraio simile a quello dove ci lasciò le penne Von Paulus con la sua Sesta Armata, o anche, se volete, un formicaio in stile vietcong, con razzi, missili ed esplosivi che sbucano da tutte le parti. Entrare in una tale palude potrebbe voler dire essere inghiottiti dalle sabbie mobili. Vedremo. Per ora, le indiscrezioni che filtrano da Gerusalemme, parlano di un’o ffensiva di terra, abbastanza massiccia, programmata per metà della prossima settimana. Gli esperti giudicano questa decisione, alquanto temeraria, conseguenza del sostanziale “fallimento” degli strike aerei, capaci di colpire ben 1.500 obiettivi, ma non in grado di raggiungere i centri di comando di Hamas, sotterrati in profondità. Tra le altre cose, le milizie della Striscia avrebbero finora sparato ben 2 mila razzi, ma ne avrebbero stoccati di riserva almeno altri 6 mila. Di questi ordigni, almeno 150 sarebbero stati intercettati dal sistema antimissile Iron-Dome. Ma la notizia che lascia veramente perplessi sulle intenzioni di Israele, di dare libero sfogo all’escalation del conflitto, è quella relativa ai riservisti. Nel complicato meccanismo di mobilitazione utilizzato da Tel Aviv, sarebbero pronti a entrare a Gaza ben 50 mila soldati, mentre altri 25 mila sarebbero tenuti di riserva e altri 25 mila destinati al fronte nord, per parare eventuali (improbabili) botte in arrivo dal Libano e dalla Siria. Si tratta di numeri impressionanti, che fanno capire a sufficienza quali strade possa prendere il conflitto. Intanto, il presidente egiziano El Sisi, pur prodigandosi per raggiungere una tregua, non è riuscito a cavare un ragno dal buco. Né migliori risultati sono stati ottenuti dal tentativo di mediazione turco. E anche su questo versante bisogna capirsi. Egiziani e palestinesi (di Abu Mazen) cercano di giocare un ruolo. Che non è lo stesso di Ankara e del Qatar, a cui guardano speranzosi gli abitanti di Gaza per avere qualche forma di aiuto. Comunque sia, le Cancellerie occidentali, per ora, preferiscono stare alla finestra e lasciano fare. For the record, fonti “bene informate” r ivelano che lo Stato Maggiore di Gerusalemme ha già fatto le prove generali delle incursioni “mirate” che dovrebbero anticipare il grosso delle forze di occupazione, agendo da testa di ponte. L’unità speciale “Shayet” si è scontrata con le milizie di Hamas su una spiaggia (quella di Al Sudaniya a Beit Lahiya) ritirandosi velocemente dopo avere avuto quattro uomini feriti. Gli analisti, comunque, sottolineano che quanto successo a Lahiya è indicativo di un inghippo “procedurale”, che contribuisce a rendere più difficili le operazioni “mordi e. fuggi” delle forze israeliane. In sostanza, sia il premier Benjamin Netanyahu, che il ministro della Difesa, Moshe Ya’alon, pretendono di avere l’ultima parola (in tempo reale) su tutte le operazioni, anche su quelle di piccola entità. E questo ha creato malumori tra gli alti papaveri dell’e s e r c ito. In soldoni: i militari sentono troppo spesso sul collo il fiato dei politici, che non si dimenticano di essere pure loro del mestiere. Il caso dell’unità “Shayet” viene utilizzato come termine di paragone. L’operazione è stata preparata senza un sufficiente sostegno di intelligence, Hamas ha dimostrato di essere ben preparata a difendere le sue installazioni lancia-missili e, last but not least, l’osso è più duro da rosicare di quanto sembrasse. Gli strateghi con la Stella di David insistono sulla difficoltà di combattere una guerra “dei bunker e dei cunicoli”, dove i sofisticatissimi tatticismi israeliani vanno a farsi benedire. Per lottare efficacemente contro la Jihad e le Brigate Izz-e-Din al Qassam, dicono, i Servizi segreti devono fare un salto di qualità, offrendo, in tempo reale, informazioni di primissima mano sulle installazioni del nemico. Più facile a dirsi che a farsi, in questa guerra di talpe. E, infatti, a Gerusalemme sono indispettiti per lo scarso apporto che, giocoforza, finora, l’aviazione ha saputo dare.Mano a mano che gli 007 del Mossad si rendono conto della “s o rpresona” preparata con l’aiuto degli ayatollah, davanti a loro compaiono bunker sotterranei ben equipaggiati, centri-comando di Hamas con aria condizionata e altre “comodità”, magazzini stipati di armi, munizioni e viveri, camerate fornite di “facilities” per dormire e mangiare. Insomma, una sorta di Linea Maginot islamica di cui non si sospettava l’esistenza. Il rebus, tattico e strategico, consiste nell’avventurarsi in cotanto vespaio senza lasciarci la coda con tutte le penne. Adesso si scopre che ingegneri e operai specializzati iraniani e libanesi da anni lavoravano (indisturbati) nel Progetto- Gaza, supervisionato dal Comando delle Guardie Rivoluzionarie. Cosí aumenta la frustrazione, dato che lo Stato Maggiore israeliano è convinto, dopo dieci giorni di bombardamenti, di avere fatto un baffo alle strutture militari superprotette di Hamas. Dal canto loro le Brigate al Qassam, tanto per complicare il quadretto, annunciano di avere spedito unità militari da Gaza fin dentro Israele. Tra scontri, scaramucce e bombardamenti la terribile contabilità della morte ci dice che finora dovrebbero essere stati ammazzati quasi 350 palestinesi, tra cui molte vittime “collaterali”. Quindi, ricapitolando: Israele si sta facendo attirare in un trappolone e si accinge a spedire almeno 50 mila uomini dentro il formicaio di Gaza, dove è quasi impossibile riuscire a distinguere amici, nemici, parenti e vicini di casa. Le sorprese sono dietro l’a n g olo e i carri armati, stanti tali premesse, questa volta le potenti unità blindate di Gerusalemme se li friggono. Visti i chiari di luna, sarà lotta corpo a corpo.

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