Nuovi e clamorosi retroscena emergono dalle dichiarazioni del boss pentito Carmelo D’Amico, capo dell’ala militare di Cosa Nostra barcellonese che da qualche mese collabora con la giustizia e viene ascoltato in un sito protetto da tre magistrati della Dda peloritana, i sostituti Giuseppe Verzera, Vito Di Giorgio e Angelo Cavallo. In uno dei verbali “top secret” il pentito avrebbe fornito nuovi particolari sull’omicidio del giornalista Beppe Alfano, avvenuto a Barcellona il 9 gennaio del 1993: il killer che sparò quella sera in via Marconi con una calibro 22 non sarebbe l’autotrasportatore Antonino Merlino, già condannato in via definitiva per questa esecuzione, ma un’altra persona. Una rivelazione sconvolgente. Ma ci sono una serie di fatti accaduti di recente che testimoniano di come si stia evolvendo tutta la “materia”, verso strade investigative inedite e sconvolgenti. Nei giorni scorsi due sostituti della Direzione distrettuale antimafia di Messina, Vito Di Giorgio e Angelo Cavallo, si sono incontrati a Palermo con il procuratore aggiunto Vittorio Teresi e i sostituti della Dda Nino Di Matteo e Roberto Tartaglia. Molti gli argomenti trattati nella riunione operativa: la latitanza del boss catanese Nitto Santapaola a Barcellona e la sua mancata cattura da parte del Ros dei carabinieri, il Protocollo Farfalla legato alla figura dell’avvocato barcellonese Rosario Cattafi, gli interessi dei servizi segreti, l’Aise, proprio sulla figura di Cattafi dopo la carcerazione, le sue rivelazioni sulla trattativa Stato- mafia.