Associazioni animaliste sul piede di guerra dopo l’e n n esimo caso di avvelenamento di cani in via papa Giovanni XXIII. Una vera mattanza quella che ormai da mesi si sta consumando tra la Villa Romana di Patti Marina e l’ex fabbrica Caleca, zona in cui ormai qualche da tempo staziona stabilmente un branco di randagi. A fare la macabra scoperta alcune volontarie di un’associazione animalista pattese che hanno rinvenuto i corpi senza vita di un esemplare maschio di cinque anni e di una femmina di tre, trovati morti a poca distanza l’uno dall’a ltro. Un’azione inqualificabile che dimostra ancora una volta a che punto sia arrivato il livello di psicosi collettiva nei confronti del fenomeno. Dopo l’accaduto, sul posto sono arrivati i componenti dell’associazione “A n i m a l isti Siciliani e Ambiente”, Daniela Faranda e Serena Bevacqua, e quelli di “Aima Cive”, Loredana Cadoni, Marina Aurora Furnari e Antonella Policarpio. Immediata la segnalazione alle forze dell’ordine e al medico veterinario che hanno subito avviato le indagini. Secondo le prime risultanze effettuate dalle stesse volontarie sembrerebbe che a provocare l’avvelenamento sia stata una polvere che si mescola al cibo, in questo caso un arancino, e il cui effetto sarebbe micidiale. Ma a stabilire le effettive cause del decesso saranno adesso gli uomini dell’istituto zooprofilattico di Barcellona. «Questi atti delinquenziali – ha riferito Daniela Faranda, presidente di “Animalisti Sicilani e Ambiente” – ripropongono il grado di inciviltà e la mancanza di cultura nei confronti di quelle povere bestie che in teoria vengono considerate gli amici più fedeli dell’uomo. Il problema del randagismo si potrà risolvere solo se riusciremo a cambiare l’approccio al problema. Il fenomeno, del resto, è frutto dell’umana inciviltà e lo si può combattere solo con la prevenzione. Deve essere comunque chiaro che l’uso del veleno non è una soluzione ma un atto criminale ».
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