Le dimissioni? Questione nota da tempo. Anzi sin dall’inizio del secondo mandato al Quirinale: determinazione chiara e annunciata, che non ha mai impedito il pieno esercizio della funzione presidenziale. E che, soprattutto, non affievolirà i compiti costituzionalmente assegnati al capo dello Stato fino alla decisione finale, che è e rimane nell’esclusiva determinazione di Giorgio Napolitano. Si coglie una punta di sorpresa nella nota con la quale il Colle ieri è intervenuto sulle prossime dimissioni del presidente, dopo che in soli due giorni si è scatenato sui media un furioso dibattito sulle conseguenza politiche di una uscita di scena anticipata di Napolitano accompagnato da una moltitudine di “totonomine” sul nome del suo successore. Il Quirinale «non conferma e non smentisce» quelle che definisce «illazioni» comparse sulla libera stampa. Ma la decisione è presa. Rimane il timing da definire e su questo il presidente invece interviene e con decisione: «Restano esclusiva responsabilità del Capo dello Stato il bilancio di questa fase di straordinario prolungamento, e di conseguenza le decisioni che riterrà di dover prendere. E delle quali come sempre offrirà ampia motivazione alle istituzioni, all’opinione pubblica, ai cittadini », si legge nella nota del Quirinale. Nessuna data definita quindi. Anche se il reiterato citare il semestre di presidenza italiano dell’Unione europea fissa con una certa chiarezza l’orizzonte temporale che per il presidente definisce la sua permanenza minima nelle funzioni del suo secondo mandato. Così come è chiaro che da tempo Napolitano ragiona non solo sulla tempistica ma anche su modi e forme della comunicazione al Paese delle sue dimissioni. Perché è chiaro che Napolitano non ha mai avuto la minima intenzione di scaricare come un fulmine a ciel sereno sul Paese le sue pur previste dimissioni. L’eccezionalità dell’evento imponeva una riflessione accurata e un’uscita morbida: come annunciare l’interruzione del settennato nella maniera il meno possibile traumatica? Meglio prima comunicarla – seppur pubblicamente – alle alte cariche dello Stato o ai normali cittadini , magari raccolti davanti a uno spumante la sera di fine anno? Interrogativi che Napolitano non scioglie ma che ormai si intrecciano senza soluzione di continuità al dibattito portando i più ad andare oltre la stanchezza personale del presidente per coglierne significati politici a tutto tondo. Si dimette perché vuole spingere le forze politiche a chiudere subito la legge elettorale, si interpreta da una parte. No, si dimette perché nauseato dall’inconcludenza sulle riforme, si ribatte dall’altra. Mentre c’è anche chi, in Parlamento, si spinge fino a dire che si dimette perché sa già che Matteo Renzi corre verso le elezioni e lui non vuole essere il presidente che scioglie ancora una volta le Camere. Ma forse questa «fase di straordinario prolungamento », come si legge nella nota del Colle, si chiuderà grazie al completamento di un personalissimo percorso interiore che lo ha portato a pesare la gravosità dei suoi compiti e dei limiti che il tempo inevitabilmente porta in ogni essere umano. Naturalmente insieme a un lucido riconoscimento della portata della sua azione politica: cioè che il suo impegno non poteva andar oltre a quello di aiutare i partiti a mettere finalmente sul binario giusto le riforme costituzionali. A partire dalla revisione del bicameralismo perfetto per il quale si è sempre battuto. Intanto una cosa è certa: nessuno parli di una sorta di semestre bianco – sia esso, in realtà, bimestre o trimestre – il presidente rimane nella pienezza dei suoi poteri fino all’ultimo giorno. E da palazzo Chigi questa sottolineatura viene colta. «Massimo rispetto e riconoscenza da parte di tutto il governo per il presidente Napolitano », premettono fonti del governo che aggiungono: la nota di ieri del Quirinale è stata accolta molto positivamente dal premier sottolineando il ruolo di presidio e garanzia del Capo dello Stato.
Caricamento commenti
Commenta la notizia