Mercoledì 25 Dicembre 2024

Quattro ergastoli e quasi 112 anni di reclusione

Su alcune posizioni i giudici della Corte d’assise sono andati oltre le richieste avanzate dalla Procura, infliggendo pene più pesanti agli imputati dell’operazione antimafia “Gotha-Pozzo 2”. Così è arrivata la stangata per i collaboratori di giustizia Carmelo Bisognano e Santo Gullo, a cui sono stati affibbiati ulteriori anni di carcere. Per il resto, il collegio presieduto dal giudice Nunzio Trovato, dopo una lunga camera di consiglio, ha confermato i quattro ergastoli sollecitati dai sostituti procuratori della Dda Giuseppe Verzera, Angelo Cavallo e Vito Di Giorgio. Carcere a vita per Salvatore Calcò Labruzzo, Enrico Fumia, Carmelo Giambò e Nicola Munafò. Sul loro capo pende soprattutto l’accusa di omicidio: a Calcò Labruzzo sono attribuiti quelli di Carmelo Triscari Barberi, commesso nel 1996, e di Sebastiano Lupica, che risale a due anni prima; a Fumia le uccisioni di Natalino Perdichizzi (1997) e di Salvatore Munafò (sempre nel 1997); a Giambò l’assassinio di Antonino Ballarino (1993); a Munafò quello dello stesso Perdichizzi. Quanto alle altre condanne, rispetto ai 114 anni di reclusione chiesti dai pubblici ministeri, i giudici ne hanno disposti un numero lievemente minore: complessivamente 111 anni e 8 mesi. Ecco, nel dettaglio, le decisioni della Corte: Tindaro Calabrese, 14 anni (a fronte dei 18 sollecitati dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia); Nicola Cannone, 12 anni (invece di 15); Zamir Dajcaj, 11 anni (12); Mariano Foti, 8 anni e 8 mesi (8 anni); Giuseppe Isgrò, 16 anni (15); Angelo Porcino, 11 anni (15); Salvatore Puglisi, 4 anni e 6 mesi (6). A proposito dei collaboratori di giustizia, mano pesante nei confronti di Bisognano, 13 anni e 6 mesi (5 anni ne avevano invocato i sostituti procuratori), e Gullo, 17 anni (a fronte di 12 anni e 6 mesi), mentre al catanese Alfio Giuseppe Castro sono stati affibbiati 3 anni e 6 mesi (“sconto” di dodici mesi). A tutti e tre è stata concessa l’attenuante dell’art.8 della legge 203 del 1991, che prevede benefici per la collaborazione. Inoltre, come riferiamo nell’articolo a fianco, i giudici hanno “ordinato” la confisca dei beni sequestrati a Giuseppe Isgrò nell’ambito dell’operazione Pozzo 2.

L’inchiesta

Le operazioni “Gotha” e “Pozzo 2” sono sfociate, il 24 giugno 2011, nell’arresto di 24 persone su 30 indagati, e nel sequestro preventivo di beni per ben 150 milioni di euro. Lunga la lista delle accuse contestate dai magistrati della Dda: dall’associazione di stampo mafioso, agli omicidi, passando per estorsioni, porto e detenzione abusiva di armi, intestazione fittizia di beni e altri delitti con l’aggravante delle finalità mafiose. Il processo riguarda anche i fatti del cimitero della famiglia mafiosa barcellonese, con i cadaveri che dopo le clamorose rivelazioni dell’ex capoclan dei Mazzarroti Carmelo Bisognano, vennero ritrovati dal Ros e dalla Dia nel 2011 dopo mesi di ricerche e scavi nel cosiddetto “triangolo della morte” nelle aree di Basicò, Tripi e Mazzarrà Sant’Andrea, setacciando giorno e notte ogni angolo di terra lungo il greto del torrente Mazzarrà. Con il rito ordinario trattato dalla Corte d’assise sono alla sbarra 14 soggetti su 34 tra capi, gregari e fiancheggiatori della famiglia mafiosa barcellonese e delle sue articolazioni nei vari centri tirrenici, come Falcone, Mazzarrà Sant’Andrea, Terme Vigliatore e Furnari. 

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