Un tesoro ripescato nel litorale di contrada “Bulala” nel mare di Gela, in una zona che in passato ha restituito i resti di ben tre navi arcaiche. All’interno di un relitto databile alla prima metà del VI secolo a. C., 39 lingotti di un materiale nobile, l’Oricalco, simile al moderno ottone, noto nell’antichità come metallo prezioso, tanto da essere considerato al terzo posto per valore commerciale, dopo oro e argento. Secondo le analisi effettuate con “fluorescenza a raggi X” da Dario Panetta della TQ (Thecnology for Quality) con sede a Genova, ciascun esemplare è frutto di una lega di metalli composta per l’80% di rame e per il 20% di zinco e realizzata con tecniche avanzate, la cui lavorazione, i coloni geloti di origine rodio-cretese avevano appreso molto probabilmente dai Fenici. Platone parla dell’Oricalco come di un metallo misterioso presente in Atlantide e di elevato valore «a quel tempo il più prezioso dopo l’oro» e che le mura che comprendevano la cittadella ove insisteva il tempio di Poseidone a Clito «risplendevano con la rossa luce dell’Oricalco». Infine che “L’Oricalco, quel metallo che ormai si sente solo nominare, allora era più che un nome, ed era estratto dalla terra in molti luoghi dell’isola”.
I lingotti di Oricalco erano in arrivo a Gela, provenienti verosimilmente dalla Grecia o dall’Asia Minore, quando la nave che li trasportava affondò forse per il maltempo. Il rinvenimento dimostra la ricchezza di Gela in epoca arcaica, circa 100 anni dopo la sua fondazione del 689 a.C. ad opera di Antifemo e Eutimo, nonché la presenza di ricche e specializzate officine artigianali per la produzione di oggetti di grande valore estetico. La presenza di Oricalco a Gela potrebbe connettersi con l’origine rodia della città. Non è trascurabile il fatto che gli antichi Greci indicavano in Cadmo (figura mitologica greco-fenicia) l’inventore del prezioso metallo. I 39 lingotti pregiati sarebbero stati destinati a un artigianato locale di alta qualità, per decorazioni di particolare pregio.