I prezzi dell'Eurozona scivolano sotto zero per la prima volta dal 2009, rendendo la deflazione e spingendo la Bce ad un probabile intervento a fine mese discusso in una riunione oggi a Francoforte. Dopo mesi in cui flirtava con lo zero, il tasso d'inflazione dell'Eurozona scende a -0,2% su anno. Non è sufficiente per parlare di deflazione: tecnicamente, è necessario che s'inneschi una spirale in cui le aziende cominciano a tagliare i prezzi e fermano gli investimenti, e le famiglie rinviano i consumi nell'attesa di un ulteriore deprezzamento. Ma è un rischio che lo stesso presidente della Bce, Mario Draghi, riconosce "non può escludersi del tutto". E una spirale dalla quale l'Eurozona deve tenersi lontana, specie di fronte al barile del greggio crollato sotto i 50 dollari, ai minimi di cinque anni, che minaccia ulteriori cali dei prezzi nei prossimi mesi. Il crollo del tasso d'inflazione di dicembre è vistoso se raffrontato al +0,3% dei prezzi segnato a novembre. Ed è diffuso: i prezzi continuano a scendere in Grecia e Spagna, sono a zero in Italia (l'intero 2014 si chiude con una media dello 0,2%, mai così basso dal 1959, mentre il carrello della spesa calcolato da Istat segna -0,2%), e anche in Germania si fermano a un magro 0,1%. Ecco dunque che la pressione su Draghi e gli altri governatori sale a livelli senza precedenti, con gran parte degli economisti che si aspettano misure imminenti: Goldman Sachs rivede le sue previsioni e prevede che il quantitative easing, l'acquisto massiccio di titoli di Stato che la Bce sta preparando da tempo, arrivi alla riunione del 22 gennaio, non più a quella di marzo. Dalla riunione di oggi, senza conferenza stampa perché senza decisioni di politica monetaria, non arrivano comunicazioni ufficiali. Trapela però che il tema è stato al centro dei colloqui, assieme alla situazione di liquidità delle banche greche che dipendono dai fondi della Bce. E filtra anche una pressione crescente dei governatori dei Paesi più colpiti anche se la Germania, con il presidente della Bundesbank Jens Weidmann, avrebbe ribadito la sua posizione notando il rialzo dell'inflazione 'core', quella depurata dai volatili prezzi alimentari ed energetici, allo 0,8% a dicembre. Draghi ha appena due settimane per lavorare a un compromesso nel tentativo di strappare il consenso tedesco, anche se non formale da parte della Bundesbank comunque informale da parte di Berlino. Ed è sulla formula del probabile 'QE' - che punta sui titoli di Stato per espandere il bilancio della Bce di circa 1.000 miliardi di euro - che verteva la riunione di oggi: fra le ipotesi allo studio acquisti di titoli di Stato dei vari Paesi dell'Eurozona in proporzione alle quote nel capitale della Bce, con il rischio accollato alle rispettive banche centrali nazionali. Oppure una ponderazione che dia maggior peso agli acquisti di titoli con rating tripla A, in modo da rassicurare la Germania. I mercati, quale che sia la formula, ci credono: l'euro scivola a un nuovo minimo dal 2006 a 1,18 dollari, lo spread chiude sì in rialzo, a 142, ma a fronte di un calo pronunciato dei rendimenti del bund. Le borse europee, salvo Milano (-0,11%), chiudono ben intonate nonostante lo choc dell'attacco terroristico a Parigi, con Francoforte a +0,51%, il Cac-40 parigino a +0,72%. Anche meglio a New York, dove il Dow Jones segna +1% a metà seduta. (ANSA)