Atto extragiudiziale di una trentina di ex lavoratori Pumex al sindaco Marco Giorgianni. Il primo cittadino di Lipari è stato, infatti, diffidato al riconoscimento, visto lo svolgimento di attività simili agli impiegati comunali (anche verso il pubblico), della loro stabilizzazione nell’ente o all’inquadramento in lavoratori socialmente utili. I lavoratori, non tutti comunque, hanno anticipato che in assenza di riscontri si rivolgeranno alla magistratura per un’azione di recupero crediti e risarcimento danni. Ormai è vera e propria esasperazione. Gli ex lavoratori della Pumex contribuiscono a tenere in piedi un Comune che senza il loro apporto (è stato già dimostrato) andrebbe avanti a rilento ma, per di più, non vengono pagati da luglio fino ad oggi, se non per un irrisorio acconto avuto nel mese di novembre, perché non è stato ancora approvato il bilancio 2014. Bilancio, per il quale l’ente è stato commissariato, ma che dovrebbe arrivare in Giunta in settimana. Ciò, ed è questo il paradosso, nonostante il trasferimento dei fondi da parte della Regione Siciliana, ottenuti anche grazie alle pressioni dello stesso sindaco, sia avvenuto lo scorso mese di ottobre. Per questi lavoratori diversi mesi fa si era parlato all’assessorato regionale ai Beni culturali di un progetto di stabilizzazione di cui si sono perse le tracce. Di recente è stato ricordato anche dai sindacati di categoria come le Amministrazioni tutte si stiano preparando alla partecipazione all’Expo di Milano con grossi sforzi economici ed amministrativi vantando il fregio “Eolie Patrimonio dell’Umanità” e come «questo lo si deve solo al sacrificio di 36 famiglie alle quali è stato scippato il diritto al lavoro, licenziandoli nel lontano 2007 con la certezza di una immediata ricollocazione negli organici regionali o comunali». La chiusura di ogni attività pomicifera era la condizione essenziale perché l’Unesco consentisse all’arcipelago di entrare nella prestigiosissima lista dei luoghi Patrimonio dell’umanità. «Nell’attesa», si prosegue nella presa di posizione, «i lavoratori ex pomice sono stati usati, sfruttati e calpestati per 7 lunghissimi anni, senza nessun diritto e sottraendo loro la dignità lavorativa e quelle somme (mobilità) che garantivano al minimo i loro contributi». Ma a perdere qualcosa con la chiusura immediata, alla fine di agosto del 2007, dell’azienda, questo purtroppo non lo si ricorda mai, è stata anche l’economia locale che ha perso decine di posti di lavoro nell’indotto (in tanti per trovare un’occupazione sono anche emigrati) e un giro di oltre 2 milioni di euro annui. Solo oggi, anche per merito dell’attuale Amministrazione, e in attesa di un convegno e di altre iniziative, è stato, almeno, sintetizzato attraverso le associazioni locali cosa si vuol fare di quella zona, che frattanto cade a pezzi, e che dava lavoro e ricchezza a tutta l’isola. Chissà però se l’ambizioso e bel piano di riqualificazione dell’area pomicifera resterà solo un sogno.