Sabato 16 Novembre 2024

Il “Califfo” fa proseliti in Nigeria

di Piero Orteca 

Qualcuno, riferendosi alle milizie dello Stato Islamico in Libia, ha parlato (forse copiando inconsapevolmente un’espressione già abbondantemente usata in passato) di «franchising del terrore». Giusto, ma, soprattutto, niente di nuovo sotto il sole. Ci aveva già pensato al Qaida dei tempi belli (per loro) a fare un cambio di strategia in corsa per limitare i danni: dare direttive generali ai vari gruppi e gruppuscoli simpatizzanti o affiliati e poi, ad attentati fatti, metterci sopra il “marchio di fabbrica” della casa-madre. Una specie di «Iso-9000» del terrore. Oggi la cosa si ripete e la strategia dilaga col “Califfato”. Non è l’Is (o Isil o Isis, fate voi) ad arrivare dappertutto, ma sono fondamentalisti islamici e tagliagole assortiti, a ogni latitudine, a mettersi spontaneamente (e persino orgogliosamente) sotto le bandiere nere di Abu Bakr al-Baghdadi, gran capo dell’IS ed elemento da prendere con le molle dal momento che ha sempre la... Mezzaluna storta. Le ultime notizie dalla Libia addirittura insinuano il sospetto che il “Califfo” possa essersi impossessato di armi chimiche trafugate dagli arsenali di Gheddafi. Oggi parliamo però di Boko Haram, la sanguinaria formazione fondamentalista che sta mettendo sottosopra la Nigeria, gigante ribollente dell’Africa Nera. Finora le Intelligence e le diplomazie occidentali hanno preso sottogamba il fenomeno, magari sottovalutando eventi appadi esportare la democrazia per mettere le mani sull’ex cassone di sabbia libico. Col risultato che ora paghiamo le pere tutti, specie noi italiani, costretti a fronteggiare una marea montante di rifugiati che, credeteci, è solo ai minimi inizi, perché ancora non abbiamo visto niente. Se il principio, giusto o sbagliato che sia (non entriamo nel merito) è quello di offrire asilo a chi arriva da territori devastati dalla guerra, allora prepariamoci al peggio, perché finora abbiamo solo scherzato. Dietro le quinte circolano report terrificanti, in cui i possibili esuli da ospitare fanno calcolare cifre a sei zeri. Tutti in una volta. E la Nigeria di Boko Haram e della caccia al cristiano (tenetevi forte: parliamo di 170 milioni di abitanti) è in testa alla lista dei Paesi dove la “guerriglia civile” potrebbe diventare guerra aperta. Col “Califfo”, eventuale padrone della Libia, pronto ad aprire e chiudere i rubinetti, non del petrolio o del gas, ma dell’emigrazione di massa su dimensioni mai viste prima. Parlare di queste cose in anticipo non è fare i menagrami, ma solo invitare chi ha responsabilità di governo a pensare per tempo ad anticipare i grandi problemi (anzi, le catastrofi) e a finirla di baloccarsi con i temi sociali del piffero. Che saranno anche importanti, ma che vengono senz’altro dopo le possibili piaghe d’Egitto che abbiamo davanti. Dunque, il fondamentalismo islamico ha aperto un secondo “macrofronte” in Africa. E, a parte la Mezzaluna, i sudori freddi cominciano a bagnare la schiena quando ci si sposta più in giù. Dal Sudan alla Somalia da un lato e dai Paesi del Sahel fino alla Nigeria dall’altro. In particolare, proprio il colosso che fa da cerniera tra due Afriche sta vivendo momenti tribolati. Hanno fatto la loro sanguinosa ricomparsa i guerriglieri, prima “simil-qaidisti” e ora “simil-califfisti” di Boko Haram, nati su ispirazione del santone di turno, Mohammed Yusuf , morto in carcere anni fa. Sarà un caso, ma sin da quando si sono materializzati come tanti conigli dal cilindro (nel 2004), gli “arrabbiati” nigeriani si fanno chiamare, senza grande sfoggio di fantasia, “Taliban”. Il loro obiettivo è imporre la “sharia”, la legge islamica, che ritiene il codice penale carta straccia e va per le spicce; lapidazioni e colpi di scudiscio per le adultere e mani mozzate per i ladri. La Nigeria è un gigante ricco di materie prime, a cominciare dal petrolio, abitato da un vero melting pot di culture. A guardare la cartina geo-politica sembra un mosaico con mille tessere che ballano tutte al primo refolo di vento e che, ciclicamente, danno vita a esplosioni di violenza. Oggi ai vecchi odi tribali ed etnici si sono sovrapposti quelli economici per lo sfruttamento delle materie prime e, soprattutto, quelli confessionali. Islamici nel nord e cristiani nel sud si guardano di sguincio, pronti a scatenare battaglie che potrebbero trasformarsi in una guerra di religione, con risultati devastanti per tutta l’Africa Centrale. La rivolta ha già fatto migliaia di morti e gli animi delle popolazioni che seguivano a occhi chiusi il santone sono esasperati. Yusuf nell’ultima intervista rilasciata alla BBC, una sorta di testamento spirituale, ha spiegato che la scienza occidentale lascia a desiderare. Nella sua visione delle cose la Terra era piatta, la pioggia dipendeva dalla volontà del Signore e Darwin era un poveretto capace solo di scrivere un cofano di fesserie. Anche se, a dirla tutta, il nuovo profeta africano suscitava qualche perplessità. Parlava un inglese raffinato e, a detta di molti analisti, oltre ad una visione ultraspiritualistica della vita, ne doveva avere una un poco più “pragmatica”, dato che campava come un nababbo e ai cammelli preferiva le Mercedes. Oggi Boko Haram si è autoproclamato “Califfato”, prendendo ad esempio le imprese, ormai mitiche anche in Nigeria, di Abu Bakr al-Baghdadi. Minaccia tutti i vicini e compie frequenti incursioni in Camerun, dove ferma gli autobus non per controllare chi ha pagato il biglietto, ma per scannare i non islamici, gli “infedeli”. Rispetto al 2009 e all’insurrezione (repressa) di Maiduguri, Boko Haram è più forte. I suoi capi sono andati a indottrinarsi e ad addestrarsi militarmente in Afghanistan, Algeria e Somalia. E poi c’è un altro segnale inquietante: anche la popolazione islamica ha cominciato a sostenere le milizie fondamentaliste, stanca di essere amministrata da governi ladroni e corrotti. Sembra la storia-fotocopia del processo di decolonizzazione degli Anni Sessanta. Solo che all’ideologia marxista di allora, oggi i rivoltosi sostituiscono il messaggio di un certo Islam. Molto più radicale e truculento.

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