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No a sconto pena
per Corona, agì
solo a fini lucro

Fabrizio Corona - autore di foto-ricatti a vip e calciatori - non può godere dello sconto di pena per cumulo dei reati perchè i crimini che ha commesso non sono frutto di un piano scaturito da un unico impulso criminale, ma nascono dalla sua "inclinazione a delinquere" assurta a "stile di vita" e alimentata da "impulsi contingenti" e "non prevedibili in anticipo", legati alla sua brama di "afferrare l'occasione di guadagno". Lo spiega la Cassazione nelle motivazioni depositate il 12 marzo in base alle quali, al termine dell'udienza svoltasi il 27 gennaio, ha accolto il reclamo del Pg di Milano contro lo 'sconto' che aveva ridotto la condanna di Corona da 13 anni e due mesi a 9 anni di reclusione.
Ad avviso della Cassazione, il gip di Milano che ha concesso a Corona la riduzione del cumulo condanne applicando il principio della continuazione dei reati, ha sbagliato perchè "ha valorizzato il solo dato cronologico dell'essere stati i reati commessi in un ristretto arco temporale,", circa un anno e mezzo. Inoltre i supremi giudici rilevano che il gip ha "omesso di valutare la disomogeneità dei beni giuridici offesi (il patrimonio nelle estorsioni), la correttezza dell'ordine economico (nella bancarotta e nei reati fiscali), l'amministrazione della giustizia (nella corruzione), che esclude logicamente che fin dalla commissione del primo reato, Corona avesse già preordinato la commissione degli altri".
Al gip di Milano, la Suprema Corte rimprovera anche di non aver dato "esaustiva" spiegazione "nell'indicazione dei dati da cui ha desunto che sin dal momento in cui furono commesse le estorsioni, Corona si era rappresentato il fallimento della sua società e la sua successiva carcerazione, durante la quale commettere la corruzione di un agente penitenziario". "In realtà, - scrive la Cassazione - il generico fine di profitto personale" che il gip "afferma essere il collante che tiene insieme tutti i reati, altro non è che quello che viene definita l'inclinazione a delinquere o 'stile di vita', ovverossia la mera ripetizione o abitualità di certi comportamenti illeciti che insorgono sotto la spinta di impulsi contingenti legati alla particolare situazione (afferrare l'occasione di guadagno), non prevedibili in anticipo".
Sulla base di queste indicazioni, adesso il gip dovrà rivedere la sua decisione e motivarla più convincentemente, oppure limitarsi ad applicare la continuazione dei reati solo per le estorsioni. E' questo, infatti, l'unico cumulo lasciato in piedi dalla Prima sezione penale della Suprema Corte (presidente Maria Cristina Siotto, relatore Adet Toni Novik). (ANSA)

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