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Iran, l’accordo è
un po’… “scordato”

                                                                                                 di Piero Orteca

 L’ accordo sul nucleare iraniano è “accordato”, scusateci la ridondanza, come un’orchestra sinfonica in cui suonino assieme violini, grancasse, zampogne e qualche tric-trac. Per capirci, la melodia prodotta (si fa per dire) oscilla tra un brano “assassinato” di Mozart e i miagolii di un battaglione di gatti a cui abbiano pestato selvaggiamente la coda. Ora che abbiamo reso l’idea, aggiungiamo anche i motivi all’origine di cotanto minestrone diplomatico, cucinato in Svizzera, ma che dovrà essere digerito nelle principali capitali del pianeta. Dunque, dovete sapere che la vera guerra mondiale scoppiata dopo la napoleonica “pensata” delle Primavere arabe è quella, dentro l’Islam, tra sunniti e sciiti. L’Occidente, con la Francia a portare la bandiera, per la verità ha cercato in tutti i modi di far scatenare tutti i conflitti che da secoli covavano sotto la cenere. La manica di idioti in qualche caso c’è riuscita (vedi la Libia), ma in altre occasioni è stata solo capace di far aprire un nuovo pericolosissimo fronte, appunto quello dentro il mondo musulmano, spianando contemporaneamente la strada al terrorismo sunnita della peggiore specie, targato “Califfo”. Quando il caicco della “esportazione della democrazia” ha cominciato a fare acqua è infine suonata la sirena del “si salvi chi può”. Obama, in una notte, ha cambiato “nemico” e, consigliato dalla cosca vincente dei suoi adviser, si è gettato armi e bagagli nelle braccia degli iraniani (sciiti), imbarcando pure il siriano Assad e, addirittura, i “barbudos” di Hezbollah. In cambio dell’aiuto sciita (dove? In Irak, Siria e Afghanistan) il presidente ha dovuto chiudere un occhio (ma ora gli ayatollah glieli hanno chiusi tutti e due) sul programma nucleare iraniano. In fondo, dicono nei sotterranei della Casa Bianca (tutto vero) se abbiamo convissuto senza troppi patemi con le atomiche nordcoreane e con quelle indo-pakistane potremo continuare a farlo anche con la “bomba” iraniana. Andatelo a dire agli israeliani, aggiungiamo noi e, soprattutto, spiegatelo ai sunniti più o meno moderati del Medio Oriente e del Golfo Persico (Egitto, Arabia Saudita e via discorrendo). Che, morsi dalla tarantola, si sono rivoltati contro gli americani, riavvicinandosi ai russi e si sono detti pronti a dare battaglia per terra e per mare pur di non darla vinta agli iraniani. Risultato: guerra aperta tra sunniti e sciiti nello Yemen e coinvolgimento generale con il rischio della possibile chiusura del Golfo Persico (Stretto di Hormuz) e del Mar Rosso e Suez (Stretto di Bab el Mandeb). Agli alleati occidentali che chiedevano conto e ragione della politica smaccatamente pro-Teheran, pare che gli americani abbiano risposto: meglio un Iran nucleare che gli uomini del “Califfo” a mettere bombe nelle principali città europee. O no? E quindi zitti, mosca e pedalare. Ai soliti francesi che, con la erre arrotata, chiedevano lumi su un trattato di cui nessuno capisce niente, Obama ha replicato stizzito di tacere, visti i guai combinati dall’ex compare d’anello di Gheddafi, Nicholas Sarkozy, a cui l’Europa deve molte delle attuali disgrazie internazionali che la minacciano. Andando poi a vedere, nello specifico, i termini dell’intesa, ci si accorge come ci si sia sforzati di preparare un polpettone buono per tutti i palati. E che per questo non sa di niente. Tanto è vero che ognuno lo stira dal proprio lato. Intanto, il Ministro degli Esteri ira L’ accordo sul nucleare iraniano è “accordato”, scusateci la ridondanza, come un’orchestra sinfonica in cui suonino assieme violini, grancasse, zampogne e qualche tric-trac. Per capirci, la melodia prodotta (si fa per dire) oscilla tra un brano “assassinato” di Mozart e i miagolii di un battaglione di gatti a cui abbiano pestato selvaggiamente la coda. Ora che abbiamo reso l’idea, aggiungiamo anche i motivi all’origine di cotanto minestrone diplomatico, cucinato in Svizzera, ma che dovrà essere digerito nelle principali capitali del pianeta. Dunque, dovete sapere che la vera guerra mondiale scoppiata dopo la napoleonica “pensata” delle Primavere arabe è quella, dentro l’Islam, tra sunniti e sciiti. L’Occidente, con la Francia a portare la bandiera, per la verità ha cercato in tutti i modi di far scatenare tutti i conflitti che da secoli covavano sotto la cenere. La manica di idioti in qualche caso c’è riuscita (vedi la Libia), ma in altre occasioni è stata solo capace di far aprire un nuovo pericolosissimo fronte, appunto quello dentro il mondo musulmano, spianando contemporaneamente la strada al terrorismo sunnita della peggiore specie, targato “Califfo”. Quando il caicco della “esportazione della democrazia” ha cominciato a fare acqua è infine suonata la sirena del “si salvi chi può”. Obama, in una notte, ha cambiato “nemico” e, consigliato dalla cosca vincente dei suoi adviser, si è gettato armi e bagagli nelle braccia degli iraniani (sciiti), imbarcando pure il siriano Assad e, addirittura, i “barbudos” di Hezbollah. In cambio dell’aiuto sciita (dove? In Irak, Siria e Afghanistan) il presidente ha dovuto chiudere un occhio (ma ora gli ayatollah glieli hanno chiusi tutti e due) sul programma nucleare iraniano. In fondo, dicono nei sotterranei della Casa Bianca (tutto vero) se abbiamo convissuto senza troppi patemi con le atomiche nordcoreane e con quelle indo-pakistane potremo continuare a farlo anche con la “bomba” iraniana. Andatelo a dire agli israeliani, aggiungiamo noi e, soprattutto, spiegatelo ai sunniti più o meno moderati del Medio Oriente e del Golfo Persico (Egitto, Arabia Saudita e via discorrendo). Che, morsi dalla tarantola, si sono rivoltati contro gli americani, riavvicinandosi ai russi e si sono detti pronti a dare battaglia per terra e per mare pur di non darla vinta agli iraniani. Risultato: guerra aperta tra sunniti e sciiti nello Yemen e coinvolgimento generale con il rischio della possibile chiusura del Golfo Persico (Stretto di Hormuz) e del Mar Rosso e Suez (Stretto di Bab el Mandeb). Agli alleati occidentali che chiedevano conto e ragione della politica smaccatamente pro-Teheran, pare che gli americani abbiano risposto: meglio un Iran nucleare che gli uomini del “Califfo” a mettere bombe nelle principali città europee. O no? E quindi zitti, mosca e pedalare. Ai soliti francesi che, con la erre arrotata, chiedevano lumi su un trattato di cui nessuno capisce niente, Obama ha replicato stizzito di tacere, visti i guai combinati dall’ex compare d’anello di Gheddafi, Nicholas Sarkozy, a cui l’Europa deve molte delle attuali disgrazie internazionali che la minacciano. Andando poi a vedere, nello specifico, i termini dell’intesa, ci si accorge come ci si sia sforzati di preparare un polpettone buono per tutti i palati. E che per questo non sa di niente. Tanto è vero che ognuno lo stira dal proprio lato. Intanto, il Ministro degli Esteri ira

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