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D’Amico: dovevo uccidere Di Matteo

Il pm e il suo ipotetico carnefice faccia a faccia. È accaduto ieri mattina al processo sulla trattativa Stato-mafia quando ha deposto il pentito barcellonese Carmelo D’Amico interrogato da Nino Di Matteo. «Dal boss Rotolo seppi che il dottor Di Matteo doveva morire – ha affermato D’Amico –. I Servizi segreti lo volevano morto perché stava per svelare i rapporti con Cosa nostra dai tempi di Falcone. Io dovevo uscire da lì a poco dal carcere e si parlava di delegare me per portare avanti questa cosa». Ma D’Amico non ha parlato solo della “mafia militare”. Ha infatti tirato in ballo pure esponenti della politica. «Tra quelli che hanno fatto accordi con Cosa nostra ci sono anche Angelino Alfano e Renato Schifani, che sono stati eletti con i voti della mafia». E ancora: «Mi è stato detto che Rosario Pio Cattafi e il sen. Nania erano a capo di una loggia massonica di cui facevano parte uomini d’onore, politici e avvocati. A questa apparteneva anche Dell’Utri». D’Amico fu sottoposto al regime del “41 bis” nel 2009 con decreto di Alfano ministro della Giustizia.

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