All’indomani dello spoglio, consolidati gli esiti delineatisi a poche ore dallo scrutinio, si registra da parte di tutti l’immancabile “abbiamo vinto”. Un film vecchio, al pari del rituale che la politica stancamente ripropone con la sua caricaturale virtualità sideralmente distante dalla realtà. A parlare chiaro sono invece i numeri, affatto incoraggianti in genere per i partiti “tradizionali” che laddove sono riusciti a esprimere il sindaco, vedi Agrigento, nell’analisi del voto con l’attribuzione dei consiglieri, si ritrovano malmessi, Pd in testa. Il che fa dire all’esponente 5 stelle Giancarlo Cancelleri: «Sfondata la linea Marginot, siamo il primo partito in Sicilia, ci prepariamo adesso al prossimo obiettivo, Palazzo d’Orleans per governare».
Senza apparati, con quattro soldi spesi in facsimili, poco o nulla da promettere, presentando volti nuovi e magari sconosciuti, il Movimento di Grillo ha piazzato consiglieri un po’ dappertutto, acciuffando un 30% dei consensi. Mentre i partiti storici arrancano, devono ricorrere alle liste civiche per sopravvivere. In alcuni casi sorpassati nelle percentuali da formazioni alleate come Patto dei riformisti (Pdr) e Sicilia democratica, movimento al suo esordio elettorale e privato del fondatore Lino Leanza.
In terra siciliana non aveva grande chance la Lega nordista di Salvini cui però, nonostante i pomodori ricevuti in qualche comizio, si attestano tre consiglieri (a S. Giovanni La Punta, Pedara e Villabate).
Adesso ci si prepara a consumare il rush finale fra una decina di giorni, poi sarà resa dei conti con lacerazioni dentro i partiti e tra partner di coalizione e probabili inversioni di rotta nelle strategie a venire per non rischiare l’oblio alle prossime regionali. Mancano due anni: e senza un colpo d’ali nell’azione di governo; in mancanza di poderosi fatti nuovi che diano almeno percezione di cambiamenti concreti; a corto di risorse e di idee capaci di ridare smalto all’Esecutivo, sarà un tracollo annunciato.
Il nervosismo si coglie già nella vicenda Gela: il cinquestelle Giancarlo Cancelleri attribuisce al governatore frasi molto gravi del tipo: “se non vinciamo chiudo i rubinetti a Gela”. E Crocetta pronto alla querela: “campagna di diffamazione calunniosa che alcuni personaggi hanno portato in campo elettorale, con soggetti che mi hanno attributo che nel caso di vittoria del candidato del Movimento 5 stelle avrei chiuso i rubinetti alla città di Gela, è tutto falso”.
Nella città del presidente della Regione la partita è insidiosa, il ballottaggio decreterà il vincitore tra il sindaco uscente Fasulo (Pd) e il neofita Messinese, ingegnere informatico targato M5S. Come ad Augusta, si tratta di un esordiente che ha sparigliato le carte, ha interpretato la voglia di cambiamento di quella parte di elettori scontenti che hanno deciso di manifestare nella scheda il rifiuto dell’inconcludenza politica piuttosto che seguire la strada del mare preferita da quasi il 40% degli astensionisti.
Alle segreterie adesso il compito di esaminare comune per comune cosa è accaduto anche col voto disgiunto e trarre le opportune riflessioni sulla bontà di candidati imposti dai big piuttosto che espressione credibile e convincente della base.
Il centrodestra, smarrito e senza riferimenti, ha ulteriori motivi di interrogarsi mentre i deputati attendono di capire cosa ne sarà del rapporto Forza Italia- Lega, se si farà un congresso e si aprirà ai quadri dirigenti; quale destino attende i fittiani di Sicilia (Romano, Cordaro); se c’è strappo tra il capogruppo all’Ars Falcone e il coordinatore Gibiino; e ancora se parte di Ncd è pronta a confluire nel Pd.
Nello Musumeci intanto cerca di tessere la tela del suo “Patto civico”, spera di riaggregare quel che resta del centrodestra, di calamitare magari parte del malcontento.
Non ci si raccapezza più nella confusa geografia nazionale cui però si guarda per i prossimi riposizionamenti. Che potrebbero portare ad ulteriori aggiustamenti all’Ars dove grazie ai voltagabbana, ci sono quattro Gruppi a rischio scomparsa.