Lunedì 23 Dicembre 2024

Patricia Arquette incanta Taormina e rilancia i diritti di tutte le donne

 Col suo discorso di ringraziamento per gli Oscar ha infiammato la platea, soprattutto delle sue colleghe attrici, Meryl Streep in testa. Antidiva per eccellenza ed eroina del cinema indipendente americano, Patricia Arquette ha tenuto un’interessantissima “TaoClass” al 61. Taormina FilmFest, con un’ombra di tristezza per la notizia della terribile strage di Charleston. La 47enne attrice di Chicago in questo 2015 ha vinto praticamente tutti i premi più importanti, dal Golden Globe all’Oscar, per la sua interpretazione di quel particolarissimo film che è “Boyhood” di Richard Linklater. Un Oscar che le è servito per divulgare una causa più che giusta: la parità di diritti per tutte le donne, in primis il diritto alla parità di retribuzione. Una battaglia che la Arquette continua a condurre: «Ho fatto quel discorso, la sera degli Oscar, perché ho pensato a come sarebbe stata diversa la vita del mio personaggio se avesse avuto la stabilità economica che invece le mancava e la costringe a decisioni obbligate. Moltissime donne crescono i figli da sole. Anche lo stesso Linklater è figlio di una madre single, come ormai avviene nel 50% delle famiglie americane. Una percentuale che cresce al 75% nel caso delle famiglie afroamericane. E sappiamo che le madri single non possono contare su retribuzioni adeguate: da qui deriva la discriminazione economica che causa tanti problemi all’intera società». Reso onore all’aspetto sociale, gran parte dell’incontro con Patricia Arquette è stato dominato dall’analisi delle assolute particolarità della lavorazione di “Boyhood”, un film che si è snodato lungo 12 anni, convocando troupe e attori una settimana l’anno, per seguire le vicende (nel modo più realistico possibile) dei personaggi. «Un giorno – ha raccontato Patrica Arquette Linklater mi chiama e mi chiede: Cos’hai da fare per i prossimi 12 anni? E mi ha spiegato come sarebbe stato girato il film. Ho pensato subito: devo farlo. Ho capito che c’era qualcosa di magico già dalla proposta. E il fatto che un progetto così indipendente sia arrivato all’Oscar è molto positivo; sarebbe bello se Hollywood mettesse da parte le mega-produzioni e pensasse a storie più vicine alla gente comune. Ma quando cominceranno a vedere che i kolossal non funzionano più, finalmente capiranno». E l’attrice non ha avuto il minimo timore a seguire nel film il corso della propria età nell’arco dei 12 anni: «Qualcuno dell'Academy mi ha detto che mi ha votata perché nel film “invecchio”, ma non credo di aver fatto nulla di particolare, sono semplicemente stata naturale. Non giudico chi si sottopone a qualche intervento, né mi sento di dire “non lo farò mai”; al momento preferisco che sia la natura a decidere come devono cambiare il mio viso e il mio corpo». Sebbene “Boyhood” abbia una sceneggiatura precisa, naturalmente – ha spiegato la Arquette – alcuni eventi imprevedibili, come l’esplosione della crisi economica, sono stati meglio calibrati in fase di montaggio. La Arquette avrebbe parlato per ore del suo film da Oscar, ma c’è stato spazio anche per ricordare alcuni degli altri film di qualità da lei interpretati, come “Strade perdute”di David Lynch (1997) o “Al di là della vita” di Martin Scorsese (1999). Ma al di là del cinema d’autore, è inutile fingere di dimenticare l’importanza che nella carriera degli attori ha la televisione. Patricia Arquette è stata per molti anni (dal 2005 al 2011) l’apprezzata protagonista della serie “Medium”. E, ha annunciato, tornerà alla televisione nel cast del nuovo capitolo di “Csi” dedicato al “cybercrime”. Anche sulla differenza tra il lavoro in cinema o in tv la sua risposta è molto intelligente: «Le serie televisive sono una forma di intrattenimento molto democratica. Quando vanno sui canali non a pagamento possono essere viste anche dalla gente più povera. I miei nonni erano attori in quel genere teatrale chiamato “vaudeville” e portavano le commedie di città in città. Ecco, stare con i colleghi in una serie tv è come essere in una compagnia di giro». E fu così che Patricia Arquette è riuscita a renderci più godibile anche la televisione.

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