Grecia: esistono le trattative più o meno “ufficiali” e ci sono le discussioni “franche” (termine diplomatico per indicare botte da orbi) che si svolgono nel retrobottega. È ciò che succede dalle parti di Atene (Governo Tsipras), Bruxelles (Commissione UE), Francoforte (Bce, Banca Centrale Europea) e Wahington (Fondo Monetario Internazionale, FMI). Già questa “quadripartizione” dimostra come debitori e creditori siano spaccati al loro interno. Tsipras, finiti i tempi belli della contestazione con lo zainetto, oggi deve salvare un Paese con tremila anni di storia e 323 miliardi di euro di debiti. Nel suo partito, Syriza, la metà la vuole cotta e l’altra metà la vuole cruda. Poi ci sono, l’opposizione, i nemici di lungo corso, gli “amici” pronti a mollarti al primo refolo di vento, i risparmiatori fuori di testa e i pensionati con gli occhi di fuori. Insomma, molto meglio lavarsi le mani e rifugiarsi in un pilatesco referendum. E gli altri? La Lagarde, al Fondo Monetario, è la più dura e pura. Deve ricevere “solo” il 10% del debito complessivo ellenico, e recita la parte della sacerdotessa dei bilanci perfetti. La Bce, invece, è diventata un ring. Chi ha visto i piatti volare ad altezza d’uomo, racconta di discussioni furibonde, tra i tedeschi (insufflati dai caini della Bundesbank), i nordici, “caritatevoli” come nel caso dei migranti, e i “sudisti”, che cercano di salvare il salvabile, perché la prossima volta potrebbe toccare a loro. Nel mezzo, camicia bianca e farfallino nero, Draghi fa l’arbitro. Cerca di separare i pugili, che si stanno pestando a via di ganci e colpi sotto la cintura, beccando però qualche uppercut pure lui. Ma chi ha le mani ai capelli è la Commissione. Una babele dove, tira di qua e tira di là, con l’ennesima proposta-miracolo dell’ultimissima ora (la cinquantesima) tra Juncker, Tusk e le “incursioni” della Merkel, si capisce solo che nessuno vuole bruciare i soldi già prestati. Molto meglio abbozzare. Un’ulteriore prova che l’Europa è ormai un baraccone, incollato con lo scotch da una manica d’incapaci, che pensavano bastasse “truccare” la Grecia per travestirla da Germania.