La cartina con aerogrammi (a fianco) proposta dall’Unhcr, l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati, illustra la distribuzione delle basi di partenza dei migranti “per ragioni di guerra”. Negli ultimi 5 anni una quindicina di conflitti hanno costretto 30 milioni di persone ad abbandonare le loro case. Per la maggior parte si tratta di “internal displaced” che, per ora, non hanno ancora abbandonato il Paese di origine. Alcuni milioni si sono invece riversati nei campi profughi esistenti nei Paesi confinanti e una “piccola parte” (tra mezzo milione e un milione) si è diretta verso l’Europa. Per molti di questi ultimi proprio la Libia è da un pezzo il “terminal” di un collettore ad ansa che raccoglie i flussi migratori in arrivo dall’Africa Sub-sahariana e dal Sahel (Nigeria, Somalia, Eritrea, Etiopia, Sudan e quant’altro). Il meccanismo è molto complesso ed è controllato dai vari governi, che scaltramente aprono e chiudono la valvola delle frontiere, da sistemi di controllo inesistenti o largamente corrotti e da bande armate di predoni che organizzano, disciplinano e si passano (a peso d’oro) le carovane dei migranti. Gheddafi, furbo e senza scrupoli, usava i flussi migratori come arma di ricatto. Ora che la Libia è in mano a un coacervo di tribù e di briganti, però, non si sa più con chi trattare. (p.o.)