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L'ex fidanzato
uccise Federica

Per il gup di Civitavecchia non ci sono dubbi: fu Marco Di Muro, la notte di Halloween del 2012 a tenere la testa della fidanzata Federica Mangiapelo sotto l'acqua del lago di Bracciano fino a portarla alla morte. Oggi, dopo una lunga camera di consiglio, l'ha condannato a 18 anni di carcere con l'accusa di omicidio volontario aggravato. Si è chiusa processualmente così una vicenda che ha catturato l'opinione pubblica per tre anni. Federica, all'epoca 16enne, fu trovata morta da un passante; il corpo era sulla spiaggia del lago di Bracciano, nei pressi di Anguillara Sabazia, paese vicino a Roma nel quale risiedeva. Il 'giallo' fu fin da subito intenso. Sul corpo della ragazza, nessun apparente segno di violenza; tant'è che inizialmente l'ipotesi investigativa più accreditata fu quella di un incidente. I carabinieri accertarono che Federica era uscita dalla casa del padre Gino intorno alle 22.30 del primo novembre, per uscire con il fidanzato Marco e festeggiare la notte di Halloween. Verso le 3 del mattino, ci sarebbe stato un litigio, con la ragazza che chiese di essere riaccompagnata a casa. La mattina dopo fu trovato il suo corpo senza vita. Di Muro, immediatamente interrogato (fu un 'interrogatorio fiume' di 12 ore), disse che nel periodo in cui fu fatto risalire quell'annegamento, lui non si trovava con la fidanzata. Dall'autopsia, la conferma: nessun segno di violenza sul corpo di Federica, tecnicamente si parlò di morte per cause naturali. Marco Di Muro fu iscritto nel registro degli indagati come "atto dovuto", al fine di consentire agli specialisti del Ris di effettuare gli accertamenti previsti, ma anche perché il ragazzo fu ritenuto l'ultima persona ad essere stata con Federica. Il giovane più volte disse di avere lasciato la fidanzata da sola, in una notte particolarmente fredda e piovosa, attorno alle tre della notte. Nel dicembre del 2014, Marco Di Muro fu arrestato con l'accusa di omicidio volontario aggravato, e posto agli arresti domiciliari. L'ipotesi accusatoria fu quella di un litigio, forse per motivi di gelosia, al culmine del quale ci sarebbe stato uno strattonamento, una caduta a terra, e alla fine l'annegamento. D'altro canto era stata proprio la perizia pneumologica in sede d'incidente probatorio a far 'luce accusatoria' sulla vicenda: Federica morì per annegamento e non per arresto cardiaco, e non per cause naturali. Oggi l'udienza preliminare, la richiesta accolta di rito abbreviato e la condanna di Di Muro a 18 anni di reclusione. "Una sentenza che rispettiamo ma che impugneremo delle sedi superiori - hanno commentato i suoi difensori, gli avvocati Cesare Gai e Massimo Sciortino - Vedremo alla fine come si concluderà questa storia". (ANSA)

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