Il gorgo libico ha inghiottito quattro italiani, rapiti nella zona di Mellitah, vicino Tripoli. Sono dipendenti della società di costruzioni e manutenzione di impianti energetici Bonatti, presumibilmente finiti nella mani di un gruppo vicino alle milizie tribali. La Farnesina si è subito attivata, in concorso con l'intelligence, ma è difficile fare subito ipotesi, ha spiegato il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. A poco più di un mese dal rilascio di Ignazio Scaravilli, il medico catanese sequestrato a luglio, in Italia torna l'ansia per altri quattro connazionali. La stessa Bonatti ha informato che quattro suoi dipendenti sono stati rapiti ieri. I quattro tecnici - Gino Pollicardo (ligure), Fausto Piano, Filippo Calcagno e Salvatore Failla, residenti in Sicilia (Enna e Siracusa) e nelle province di Roma e Cagliari - sarebbero stati prelevati mentre rientravano dalla Tunisia nella zona di Mellitah, a 60 km di Tripoli, nei pressi del compound della Mellitah Oil Gas Company, il principale socio dell'Eni. Secondo fonti militari citate da al Jazeera, i responsabili potrebbero essere miliziani armati vicini a Jeish al Qabali, l'Esercito delle tribù, ostili a Fajr Libya, la fazione islamista che ha imposto un governo parallelo a Tripoli che si oppone a quello di Tobruk, l'unico riconosciuto a livello internazionale. Le stesse autorità di Tobruk, dopo una riunione sulla vicenda, hanno reso noto di "ignorare al momento quale gruppo ci sia dietro", e hanno condannato il sequestro come "lontano dall'etica dei libici". Gentiloni, da parte sua, ha spiegato che "è difficile dopo poche ore capire natura e responsabili", e comunque si tratta una "zona in cui ci sono dei precedenti" e quindi bisogna "concentrarsi sul terreno per reperire informazioni". Secondo il ministro, in ogni caso, il rapimento non rappresenta una ritorsione contro l'Italia per il suo appoggio in sede Onu al governo in fase di formazione. Nel frattempo, la procura di Roma ha aperto un fascicolo per sequestro di persona a scopo di terrorismo. Di certo, nel caos libico che imperversa dalla caduta di Gheddafi, nel 2011, il rapimento di stranieri a scopo di estorsione è diventato sempre più frequente, ad opera di criminali comuni ma anche di milizie locali che vogliono finanziare la propria guerra contro la miriade di fazioni rivali, che si contendono il controllo del Paese, ricco di risorse energetiche. Una situazione resa ancora più incandescente dall'avanzata dell'Isis, che tra l'altro ha rapito tre cristiani copti nei pressi di Sirte, città-snodo petrolifero nelle mani dei jihadisti. A Parma, città dove ha sede la Bonatti, si vive con il fiato sospeso, anche se nessuno dei quattro è residente là. Il sindaco Federico Pizzarotti ha scritto un messaggio di vicinanza alle famiglie dei rapiti, auspicando che il governo faccia tutto il possibile per liberarli. Analogo appello si è alzato da tutte le parti politiche nazionali. Il Movimento 5 Stelle, in particolare, ha chiesto al governo di riferire sulla sicurezza degli italiani alle dipendenze dell'Eni. Dalla Farnesina, comunque, si ricorda di avere ampiamente sconsigliato agli italiani di restare in Libia già da febbraio, mese in cui l'ambasciata a Tripoli aveva sospeso temporaneamente le proprie attività, e di avere proceduto all'evacuazione di tutti i connazionali che ne avessero fatto richiesta.
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Sarebbero due siciliani, un ligure e un sardo i quattro italiani rapiti nei pressi del compound dell'Eni nella zona di Mellitah. Dipendenti della società di costruzioni Bonatti, sono tutti esperti e reduci da altre esperienze di lavoro all'estero, in particolare in nord Africa. Questi i loro nomi, a quanto si apprende da varie fonti, mentre dalla Farnesina non sono ancora giunte notizie ufficiali o conferme. L'Unità di crisi si è immediatamente attivata per seguire il caso ed è in contatto costante con le famiglie dei rapiti e con la ditta Bonatti, ma il ministero segue per ora la linea del riserbo più stretto. - Filippo Calcagno è di Piazza Armerina (Enna), ha 65 anni, ed ha girato il mondo come tecnico Eni prima di lavorare per la Bonatti. E' sposato e ha due figlie. Qualcuno ha risposto al telefono solo per dire "Scusate ma non possiamo dire nulla". - Salvatore Failla, anche lui siciliano, è originario di Carlentini, in provincia di Siracusa, dove vive la sua famiglia. Saldatore specializzato, 47 anni, è padre di due figlie di 22 e 12 anni. Lavora per l'azienda di Parma da diversi anni. Fino a poco tempo fa si trovava in Tunisia, poi il trasferimento in Libia. - Fausto Piano, meccanico di 60 anni, è molto conosciuto a Capoterra, cittadina alle porte di Cagliari. Il figlio, anche lui meccanico, che vive e lavora nel paese dell'hinterland cagliaritano, non vuole parlare, come del resto i familiari degli altri rapiti. Sul profilo Fb di Fausto, le foto di una vacanza in Sardegna ai primi del mese, subito prima di ripartire per il nord Africa. Da molti anni lavora all'estero. - Gino Pollicardo (e non Tullicardo come appreso in un primo momento), è ligure e vive a Monterosso, nelle Cinque Terre, in provincia di La Spezia. La moglie, interpellata da Repubblica, ha detto: "Scusate ma non posso dire niente". E il fratello ha aggiunto: "ci hanno detto che non possiamo parlare, speriamo solo tra qualche giorno di poter avere buone notizie".