Venerdì 15 Novembre 2024

Coree: Kim Jong-un
dichiara "quasi"
stato di guerra

Il leader nordcoreano Kim Jong-un ha dichiarato il "quasi-stato di guerra" nelle aree di prima linea nel mezzo delle crescenti tensioni con Seul: secondo i media di Pyongyang, giovedì sera si è tenuta una riunione di emergenza della Commissione militare centrale del Partito dei Lavoratori dopo lo scambio di colpi di artiglieria al confine occidentale.

Monito Sud al Nord, pronti a reagire se nuovi attacchi  - La Corea del Sud ha messo in guardia il Nord da altri attacchi all'indomani dello scambio di colpi di artiglieria sul confine occidentale: "siamo pronti a reagire - scrive il capo dello Stato maggiore di Seul in una lettera al Dipartimento dello Stato generale dell'esercito popolare - con misure di autodifesa e tutte le responsabilità che ne potranno derivare saranno addebitabili al Nord". "Sollecitiamo il Nord a rinunciare del tutto a ulteriori atti temerari", si legge nella missiva, secondo l'agenzia Yonhap.

Alta tensione fra le due Coree, pioggia di cannonate - Prima un intenso fuoco di artiglieria pesante e razzi in due ondate dal Nord in territorio sudcoreano, poi, dopo pochi minuti, la risposta del Sud, con decine di cannonate dirette verso le postazioni d'artiglieria di confine di Pyongyang. L'incidente militare avvenuto ieri, il più grave fra le due Coree in almeno cinque anni, è terminato senza feriti né danni particolari, ma segna un nuovo picco di tensione nell'ultima sacca della Guerra Fredda che fa prevedere una escalation nei prossimi giorni. 

Il "casus belli" dell'improvviso attacco delle forze nordcoreane, iniziato alle 15:52 locali (le 8:52 di ieri in Italia) si è appreso, è l'irritazione per i potenti altoparlanti piazzati da Seul lungo il confine della "zona demilitarizzata" (Dmz), una "terra di nessuno" fra i due Paesi nemici, dai quali vengono lanciati di continuo messaggi di propaganda. Una tattica che Seul aveva abbandonato fin dal 2004, ma ripresa dopo 11 anni come forma di ritorsione per il ferimento lo scorso 4 agosto di due soldati sudcoreani lungo la Dmz da mine antiuomo piazzate dal Nord - che però nega. La pioggia di granate e di razzi - caduti fino a soli 60 km dalla capitale Seul - ha obbligato circa 800 persone nella provincia di Gyeonggi a evacuare le abitazioni e a cercare riparo nei rifugi. Una ventina di minuti dopo, una nuova gragnola di cannonate a tiro diretto. Pochi minuti dopo, la rappresaglia sudcoreana, con un fitto cannoneggiamento con granate da 155 mm contro le postazioni di lancio nemiche. "Le nostre forze armate hanno innalzato l'allerta al livello massimo e stanno osservando attentamente i movimenti dei militari della Corea del nord, pronti a rispondere con forza e con decisione a qualunque altra provocazione dal Nord", ha dichiarato il portavoce militare, col. Jeon Ha-gyu, citato dall'agenzia Yonhap, mentre il presidente Park Geun-hye ha riuniva d'urgenza il Consiglio di sicurezza nazionale a Seul. Il governo di Seul ha reso noto che in una trasmissione radio indirizzata al Sud quando le artiglierie tacevano da circa un'ora, Pyongyang ha avvertito che se non saranno smantellati gli altoparlanti entro 48 ore, "saranno prese iniziative militari". Il fatto che i razzi non abbiano colpito gli altoparlanti, che tanto irritano il regime totalitario e isolazionista di Kim Jong-un, si fa notare a Seul, dimostra che si è trattato di un avvertimento. La Russia oggi s'è detta preoccupata, auspicando che nessuna delle due parti "oltrepassi la linea di pericolo". Ma non sembra che sia prevedibile a breve un calo della tensione, la più grave dal punto di vista militare da quando nel novembre del 2010 un cannoneggiamento del Nord provocò la morte di quattro persone: due militari e due civili. Quello fu il più grave degli episodi recenti di una storia costellata di provocazioni e violenze, ma anche di momenti di distensione, e di provocazioni globali, come i test nucleari e i lanci di collaudo di missili balistici, che ha caratterizzato negli ultimi 60 anni i rapporti fra le due metà nemiche della Corea. Le quali formalmente sono ancora in guerra, avendo messo fine al conflitto del 1950-53 non con una pace ma solo con un armistizio. Che è ancora tale.

leggi l'articolo completo