Quanto tempo ancora l’Italia potrà far fronte al quotidiano arrivo di migliaia di migranti? Il modus operandi del governo Renzi non fa dormire sonni tranquilli: si avverte la mancanza, prima di tutto, di una strategia chiara e di comportamenti rigorosi. Non va mai negato asilo a uomini, donne e bambini che scappano dalla guerra? Principio sacrosanto, che non può essere messo in discussione. È proprio tenendo bene a mente questo “obbligo” morale, tuttavia, che i conti non tornano. Il premier e i suoi ministri, senza eccezioni, non hanno mai voluto distinguere fra l’aiuto a coloro che fuggono dalle faide tribali e religiose – che insanguinano in particolar modo il Nord Africa – e l’ospitalità, pagata dal contribuente, a quanti entrano in Italia alla ricerca di condizioni di vita migliori. Senza alcuna prospettiva di lavoro, visti i tempi. Perché accade? È il frutto della “fusione” tra il pensiero terzomondista e i princìpi della Chiesa. Certa sinistra rimane pur sempre a-nazionale e portatrice di generiche idee cosmopolite, poco conciliabili con l’interesse nazionale. È tanto “francescana” e così poco “laica” da non volere stabilire quanti e quali immigrati accettare: un modo di ragionare poco realistico che sta sgretolando il concetto stesso di limes e, conseguentemente, di Stato sovrano. Né va sottovalutato un risvolto assai inquietante dell’immigrazione... all’italiana: l’assenza di regole e di buonsenso ci mettono in pericolo e la jihad potrebbe arrivare a incendiare anche le nostre città. Il problema immigrazione è europeo, senza dubbio, ma l’ap - proccio italico, così come quello delle autorità greche, è fin troppo “elastico”. Basti guardare all’esiguo numero di rimpatri e alla gestione post sbarco, che tanto irrita i partner dell’Ue. Non ci piacciono i confini elettrificati, come quello tra Usa e Messico, inorridiamo se pensiamo al filo spinato che sta blindando l’Ungheria ma, con la stessa convinzione, critichiamo chi continua a mantenere del tutto spalancate le porte di casa nostra.
Muri no, ma
saloon nemmeno
di Lino Morgante
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