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Il play Petrucci:
"Vincere in azzurro
conta molto di più"

di Paolo Cuomo

– Presidente Petrucci, non è che con i ritornelli “È la Nazionale più forte di sempre” oppure “Dobbiamo andare a Rio”, lei ha messo un po’ troppa pressione alla squadra che domani debutterà agli Europei contro la Turchia?

«Ho affermato che questa è la Nazionale più forte di sempre sulla carta, se presa per singoli nomi ma solo sulla carta. Questo non significa che certamente vinceremo. Quindi, quello della pressione che esercito è in definitiva solo un’originalità giornalistica. Sinceramente non credo che un professionista si agiti per una dichiarazione ottimistica del presidente federale».

– Ettore Messina, intervistato di recente da “Gazzetta del Sud”, dopo aver esaltato le potenzialità degli azzurri, ci ha dichiarato che un grande risultato per la nostra Nazionale sarebbe la qualificazione al Preolimpico (e ieri sulla “Gazzetta dello Sport” il coach degli Spurs ha confermato che Serbia, Spagna e Francia sono le più quadrate, con la Grecia possibile sorpresa ndc). Immagino che questa autorevole previsione lei non la sottoscriva...

«Non si tratta di sottoscrivere o meno. Il parere di Ettore Messina, a cui sono legato da stima ed amicizia, è sicuramente, come dice lei, autorevole. Noi, però, non possiamo iniziare una manifestazione come l’EuroBasket avendo obiettivi secondari. Immaginate se come presidente dicessi: “È impossibile, ci saranno tante difficoltà”. Innescherei una piramide di alibi, anche inconsci. Invece affermo che nella prima fase sarà difficile anche per i nostri avversari – che sono tra i più forti in Europa – incontrare l’Italia e che quando indossi la maglia azzurra nessun traguardo può essere, in partenza, precluso».

– Come ha visto in preparazione gli attesissimi tre giocatori Nba? E la loro integrazione nel gruppo l’ha soddisfatta?

«Li ho visti bene e sono molto contento che siano con noi. Alcuni mesi fa, gli scettici di professione asserivano che non ci sarebbero stati tutti e quattro, includendo anche il capitano Datome che all’epoca giocava a Boston. Invece fin dal primo contatto hanno dato la loro disponibilità non solo ad essere presenti, ma anche a dialogare con i compagni. Già in passato Bargnani, Belinelli e Gallinari avevano fatto parte della Nazionale, ma solo nel 2011, agli Europei in Lituania, avevano giocato insieme: di sicuro non sono gli ultimi arrivati. L’integrazione con il gruppo? La migliore possibile e la vedo nelle piccole e nelle grandi cose. Nella vita di tutti i giorni, ma anche per come si sono messi a disposizione in campo, accettando di segnare qualche canestro in meno e di fare qualche passaggio in più nell’interesse della Nazionale».

– Se le dico che le avversarie dell’Italia in questa fase di preparazione erano – ad eccezione della Slovenia – poco competitive, in relazione al duro impatto che ci attende nel girone di Berlino...

«Le rispondo che da ogni partita abbiamo imparato qualcosa e che a EuroBasket nessuno ci regalerà nulla e questi match lo hanno ampiamente anticipato. Se ero preoccupato dopo i ko con Ucraina e Slovenia a Capodistria? No. Lo sarei stato se non ci fossero state criticità. Si è trattato di problemi di crescita di un organico formato da grandi personalità».

– Da presidente del Coni lei ha vissuto agli Europei l’oro del ’99 e il pesantissimo bronzo nell’edizione del 2003 e l’anno dopo lo storico argento olimpico ad Atene. I suoi ricordi e soprattutto cosa vorrebbe “clonare” oggi di quelle formazioni.

«Aggiungo che da giovane segretario generale della Fip ero a Mosca ‘80 quando abbiamo vinto l’argento olimpico, a Nantes ’83 per l’oro agli Europei e che da presidente ho vinto con Ettore Messina capo allenatore l’argento europeo a Barcellona ‘97. Tutte queste squadre erano formate da generazioni meravigliose di uomini e di atleti, in quest’ordine, che ci hanno dato gioie e soddisfazioni e hanno dimostrato che una vittoria con la maglia azzurra è molto più importante, lo dico con assoluto rispetto, di uno scudetto. Cestisti che hanno espresso l’importanza storica di giocare e vincere con la Nazionale e quindi per il nostro Paese: una consapevolezza che questa Italia ha ben chiara e che sta rafforzando, giorno dopo giorno, grazie al carattere e alla tecnica degli uomini che la compongono».

– La butto lì: lei sogna i giocatori italiani di basket popolari e amati come, ad esempio, quelli di pallanuoto in Ungheria, dove la gente gira per strada con i loro nomi stampati sulle maglie...

«Certo, ma è già capitato. A fine anni ‘90 le maglie numero 10 di Carlton Myers, capitano della Nazionale e portabandiera ai Giochi Olimpici di Sydney 2000, sono andate a ruba. Dopo l’argento di Atene 2004 i ragazzi al campetto giocavano dicendo: “Io sono Galanda e tu sei Basile” e per un po’ gli eroi americani dell’Nba vennero messi da parte a dimostrazione di quale vasta eco sociale abbia la partecipazione e un buon risultato alle Olimpiadi. Lavoriamo per consolidare in chiave sociale tutto il nostro lavoro».

– Capo d’Orlando in A; Barcellona, Viola, Agrigento e Trapani in A2: “l’area dello Stretto” – pur con le sue difficoltà – si conferma un motore del basket italiano.

«E nella femminile c’è anche Ragusa, splendida finalista scudetto. Si raccoglie, finalmente, il frutto di tanto lavoro nel tempo, con la passione al servizio della competenza. La Sicilia è terra di basket. Non dimentico, non potrei mai farlo, la figura di Enrico Vinci, messinese, mio predecessore, presidente della Fip dal 1976 al 1992, con cui ho lavorato anche dal 1978 al 1985 come segretario generale. Con Vinci la pallacanestro è diventata il secondo sport in Italia e i suoi insegnamenti sono ancora un punto di riferimento».

– Le infinite Federica Pellegrini e Tania Cagnotto che lei ha visto “nascere e crescere” sono state le regine dell’estate: quanto si è emozionato?

«Moltissimo. Uniscono al talento un grande amore per la maglia azzurra e sono d’esempio per le giovani generazioni. È stato un onore poter seguire tutta la loro carriera. L’estate, inoltre, ci ha anche permesso di apprezzare non solo il talento di Gregorio Paltrinieri, neo-campione del mondo nei 1500 sl, ma anche la sua passione per il basket: l’ho invitato a Berlino per la nostra prima gara».

– Basket a parte, tra un anno ci sono i Giochi di Rio: il suo pensiero sulla salute dello sport italiano e sulle prospettive olimpiche?

«Il presidente del Coni, Giovanni Malagò, insieme al suo staff, sta facendo un lavoro eccellente. Posso affermare che lo sport, dal punto di vista sociale, educativo, culturale, tecnico e formativo, è centrale in tutti gli ambiti della nostra società, pur in un periodo di crisi come il nostro ed anche se le cose da fare possono essere ancora tante. Sono ottimista: in generale ai Giochi di Rio avremo belle soddisfazioni. Abbiamo talento, voglia di affermarci, tradizione e le competenze giuste. Poi una volta sul campo possono accadere tanto cose, ma sono convinto che l’Italia, a prescindere dalla disciplina, farà una bella figura e avremo le gratificazioni che ci meritiamo».

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