Quella della discarica di Mazzarrà S.Andrea è una lunga storia che s’intreccia con infiltrazioni mafiose, speculazioni di politici e dirigenti ed un fiume di denaro che il business dei rifiuti ha riversato sul piccolo comune collinare.
Mazzarrà, poco più di 4000 abitanti, da tempo convive con l’ombra della discarica che si staglia sulle case. Una pericolosa minaccia ambientale per molti, ricchezza e sostentamento per altri. Nasce nel 2001 in contrada Zuppà accanto ad un torrente, su una collina completamene smembrata con buona pace di un territorio un tempo ricco di colture e vivai. A volerla l’allora sindaco Nello Giambò, condannato in appello ad otto anni nell’operazione antimafia Vivaio sulla gestione della discarica da parte di Cosa Nostra.
Doveva rappresentare la soluzione al problema dei rifiuti in provincia e negli anni il sito si è ampliato grazie a proroghe e autorizzazioni provvisorie poi diventate stabili con la complicità delle istituzioni.
In pochi anni la discarica di Mazzarrà S.Andrea diventa una miniera. A gestirla inizialmente è il comune. Poi dal 2002 subentra Tirrenoambiente, una società a capitale misto pubblico-privato Un monopolio che produce enorme ricchezza per amministratori e per quei politici mai intervenuti per frenare la devastazione del territorio.
Le cronache giudiziarie in questi anni si sono a lungo occupate di Tirrenoambiente e dei suoi dirigenti più in vista.
A cominciare dal conflitto d’interessi di chi raccogliendo i rifiuti è anche socio della stessa discarica che poi li smaltisce. Sul sito di contrada Zuppà si accendono anche i riflettori della Commissione antimafia. Ma la discarica continua ad espandersi, i rifiuti giungono da mezza Sicilia, i guadagni crescono ma si moltiplicano anche le inchieste della magistratura. Su presunti illeciti commessi nella gestione della discarica di Mazzarrà S.Andrea sono impegnate le Procure di Barcellona, Vercelli e Palermo. I vertici della società sono indagati, in molti casi per reati ambientali, per non aver rispettato le leggi in materia di trattamento dei rifiuti ma anche per gravi illeciti edilizi commessi nel sito. Di inchiesta in inchiesta si giunge al novembre dell’anno scorso quando i sostituti di Barcellona, Massara e Nicola sequestrano il sito inviando una valanga di avvisi di garanzia ad amministratori di Tirrenoambiente ma anche a funzionari della Regione e della Provincia che hanno fatto si che venissero firmate le autorizzazioni per l’ampliamento del sito. Alla discarica vengono apposti i sigilli e da allora il sito di contrada Zuppà è ancora sbarrato. Una storia lunga 14 anni nella quale un ruolo decisivo lo ha giocato il sindaco di Furnari Mario Foti, l’uomo che con le sue denunce in tutti questi anni ha combattuto contro l’ecomostro che ha divorato la collina. Un tempo lussureggiante ed oggi gonfia di percolato.