di Paolo Cuomo
Previsione da applausi quella di coach Ettore Messina, patrimonio del nostro basket in giro per il pianeta. Intervistato a Ferragosto da “Gazzetta del Sud” sulle possibilità dell’Italia agli Europei, sentenziò: «Ci vuole tempo per raggiungere gli automatismi, un grande risultato sarebbe la qualificazione al Preolimpico». Che è stata centrata battendo la Repubblica Ceca con un ottimo secondo tempo.
Una squadra dall’incredibile potenziale tecnico, ha purtroppo fatto flop. Altro che sogni o ambizioni di medaglia, come si urlava sull’onda dell’entusiasmo. E non siamo per nulla sorpresi, perché in questa lunga estate cestistica seguita da vicino, non abbiamo mai creduto che questa Italia potesse arrivare sino in fondo, per intenderci in finale e quindi già qualificata per Rio. Perché se hai un talento da primi posti, ma un sistema inesistente il rischio di fare poca strada è reale.
Già nei tornei di preparazione i difetti sono emersi evidenti: alti e bassi pazzeschi, apnea in difesa, pause in attacco. E infatti contro l’organizzata Turchia, gli azzurri hanno mostrato subito tutte le lacune che la vittoria-champagne contro una Spagna (splendida finalista) da “gioco e lascio giocare” non ha cancellato. Puntuali, le difficoltà sono tornate contro la Germania, altro gruppo compatto, che ha avuto la palla del successo (e della nostra eliminazione) prima di arrendersi all’overtime. La batosta con la Serbia è stata archiviata senza drammi, anzi con la soddisfazione di essere finiti – grazie al terzo posto – nella parte di tabellone più facile (un po’ di fortuna dopo il girone di ferro), mentre il +30 con Israele è stato salutato come se avessimo travolto i Chicago Bulls di Jordan.
Abbiamo così avuto l’irripetibile opportunità di lottare per il podio, in caso di successo su una Lituania lontana parente della corazzata che tante volte ci aveva fatto piangere. Però, attenzione, sempre un gruppo ben organizzato, solido fisicamente, duro in difesa, un mix di esperienza e atletismo contro cui ci siamo andati a schiantare.
Ora tutti a commentare ed a scrivere sui social che i baltici sono stati eccellenti, disputando il match perfetto contro un’Italia generosa, che ha dato tutto quello che aveva. No, noi non siamo iscritti a questo partito. Solo una grande incompiuta come quella azzurra ha permesso alla Lituania di spaccare il mondo, di tirare col 61% da tre, di dominare sotto canestro con Valanciunas, di non sbagliare nulla nelle fasi decisive, di ribaltare lato facilmente, di uscire dai blocchi e sparare.
Le responsabilità del ct
È Pianigiani il vero sconfitto di una Nazionale che non ha mai avuto una identità. Una squadra con poca chimica e senza un gioco offensivo fluido e continuo, se si escludono i movimenti a due sul post alto, conclusi col tiro morbido di Bargnani; un quintetto che ha fatto affidamento solo sull’uno contro uno delle sue stelle, che non ha avuto pazienza e che non ha mosso il pallone come a questi livelli è indispensabile. Visto quasi mai anche il gioco in post basso per i nostri esterni, per cercare di attirare i raddoppi degli avversari e poi colpirli da fuori.
A turno Gallinari, Belinelli, Gentile e Bargnani (tanto decantato per la prova contro la Lituania, che però con lui sul parquet ha vinto di 18 punti...) hanno improvvisato da solisti, trascinandoci lontano dal guado. Ma con un attacco monocorde, se non hai un talento e una forza tre volte superiori a chi ti sta di fronte, alla fine vai a sbattere. L’emblema? Gentile che prende il pallone della vittoria, parte col piglio del “me la vedo io” e poi non sa cosa fare. Un’altra chiave? La Lituania ispirata dal sopraffino ma sottovalutato Kalnietis ha servito 28 assist, quasi il doppio dei nostri, perché ha giocato una pallacanestro semplice ed efficace, mai “uno contro cinque”.
E c’è di più: già senza Datome e quindi con una rotazione in meno, il ct ha giocato la partita della vita in 7, dimenticandosi in panchina gli utili Aradori e Cusin (che due sganassoni a Valanciunas poteva pure tirarli), oltre a Cinciarini che proprio nel finale, quando si andava ormai all’arrembaggio, un po’ di ordine l’avrebbe messo. E che dire della puntuale incapacità a disinnescare il pick and roll avversario. Mai un po’ di zona per rompere il ritmo, mai una difesa allungata per ritardare l’inizio dell’azione, pochi gli aiuti a centro area. Insomma, per un mese e mezzo abbiamo visto quanto sono bravi a segnare canestri spaziali Gallinari, Belinelli, Gentile e il redivivo Bargnani. Ma per vincere serviva altro, come la consistenza e i muscoli di Jankunas (+22 nei 20' in cui ci ha portato a scuola). E aver steso la Rep. Ceca oggi è una magra consolazione.
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