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Liberi Consorzi, la legge tornerà all’Ars

 Vi sono alcune macroscopiche criticità e incogruenze che inducono il Governo nazionale a impugnare la legge regionale sui Liberi Consorzi e sulle Città metropolitane. Qualche giorno fa, in un’intervista alla Gazzetta del Sud, il presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone aveva anticipato l’esito della vicenda, invitando tutti – soprattutto i rappresentanti dei tanti Comuni in fibrillazione pre-elettorale, in vista delle elezioni per i sindaci metropolitani fissate per il 29 novembre – a mantenere calma e prudenza nei giudizi. E ora da Roma arriva la conferma ufficiale. Il Consiglio dei ministri, di fatto, ha già deciso e i motivi sono elencati in una nota trasmessa alla Regione, che ora dovrà presentare le proprie controdeduzioni. La prima ragione era ed è scontata. La legge 56 del 2014, quella che ha istituito le Città metropolitane in tutt’Italia, ha delineato un quadro istituzionale articolato su tre organi, individuando nel sindaco metropolitano, «che è di diritto il sindaco del Comune capoluogo», l’organo monocratico con funzioni di rappresentanza e con responsabilità per lo svolgimento delle funzioni e l’esecuzione degli atti imputabili all’ente; nel consiglio metropolitano l’organo a elezione indiretta con funzioni di indirizzo e di controllo, con poteri anche deliberativi; nella conferenza metropolitana l’organo composto dai sindaci dell’area metropolitana con poteri propositivi e consultivi e di deliberazione in ordine allo statuto». Ebbene, le Regioni erano tenute ad adeguarsi e la Sicilia non lo ha fatto, o lo ha fatto solo parzialmente. Agli occhi del Governo appare incomprensibile la decisione della Regione siciliana di derogare ad alcuni capisaldi della nuova normativa. Nell’Isola, unica regione italiana ad aver deciso così, «il sindaco metropolitano (articolo 12) non è di diritto il sindaco del Comune capoluogo, ma è eletto in via indiretta, da un organo con funzioni essenzialmente elettoriali, secondo una disciplina in cui l’unico elemento di ponderazione a favore dei Comuni con maggior numero di abitanti è dato dalla previsione dell’elettorato attivo ai presidenti dei consigli circoscrizionali del Comune capoluogo». La legge statale non prevede, inoltre, «l’organo con funzioni elettorali, di natura permanente, denominato adunanza elettorale metropolitana (articolo 17), composto di diritto da sindaci, consiglieri comunali e circoscrizionali dell’area metropolitana». Dubbi anche sul ruolo assunto nella legge regionale dalla conferenza metropolitana e sull’istituzione della giunta metropolitana, «organo non previsto dalla legge 56». Una legge di fatto stravolta nel suo impianto, visto che i tre organi previsti diventano quattro e che la suddivisione delle funzioni, oltre a non rispecchiare i principi stabiliti dalla norma statale, appare problematica rispetto alle connotazioni degli organi. E viene spiegato il perché: «La scissione tra due organi di funzioni riconducibili a profili unitari, come l’attribuzione da un lato della funzione di indirizzo e controllo alla conferenza e dall’altra del potere di sfiducia del sindaco all’adunanza elettorale. Il conferimento alla giunta, organo del tutto nuovo, di funzioni che la legge nazionale attribuisce al consiglio. L’attribuzione alla conferenza metropolitana di funzioni di indirizzo, controllo e deliberative con l’effetto di una configurazione dell’organo come un ibrido tra la natura del consiglio e quella della conferenza metropolitana prevista dalla legge statale». Vengono, infine, evidenziate «rilevanti deroghe» anche ai principi stabiliti dalla legge 56 per quel che concerne i Liberi Consorzi. Appare, dunque, inevitabile il ritorno all’Ars della legge 15 approvata lo scorso 4 agosto.

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