Il suo ufficio non si occupa più del controllo preventivo delle leggi approvate in Sicilia da quando, dieci mesi fa, la Consulta ne sentenziò l'illegittimità riscrivendo una pagina di storia. Ora il prefetto Carmelo Aronica rompe il silenzio e indica nell'impugnativa della finanziaria 2013 del governo Crocetta lo spartiacque. Il 70% delle norme furono cassate in buona parte per mancanza di copertura finanziaria, l'allora assessore all'Economia Luca Bianchi, vicino a Pierluigi Bersani, fu costretto a fare altre 3 manovre per tamponare la situazione e poi si dimise. "Fu lo snodo essenziale", sostiene il commissario dello Stato, conversando con l'ANSA.
"Da lì - aggiunge - è cominciato tutto". Da quell'impugnativa, che scatenò feroci polemiche col prefetto convocato a Roma, in effetti bastò un anno ai giudici della Corte costituzionale, all'epoca presieduta dal siciliano Gaetano Silvestri, per porre fine alla lunga stagione scandita dal controllo preventivo da parte del commissario dello Stato delle leggi siciliane che adesso vengono valutate post-approvazione dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, come per le Regioni ordinarie. "Non è vero che la Sicilia non susciti il dovuto interesse a livello nazionale, tutt'altro", è la considerazione del prefetto Aronica, che come servitore dello Stato non intende fare polemica. E parlando di quello "snodo" rivela: "Allora avevamo due alternative: impugnare la finanziaria o il bilancio. Scegliemmo il male minore, se avessi impugnato il bilancio ci sarebbero state gravi conseguenze, anche di tipo istituzionale . Inoltre, si sarebbe abbassato il rating della Sicilia con refluenze negative su quello nazionale".
Con un po' di amarezza, ma con l'orgoglio di chi si sente di aver fatto la scelta migliore, il prefetto aggiunge: "Ci fu un polverone, si scatenarono critiche eccessive e ingiuste nei confronti del mio ufficio, non si comprese appieno il senso della decisione presa con consapevole responsabilità e sofferenza, ma i fatti poi ci hanno dato ragione; qualcuno, di cui non faccio nomi, mi chiamò dicendo che avevamo visto bene sulla situazione finanziaria della Regione. Inoltre ricordo che in un’intervista l’On. Gianpiero D'Alia disse che quella impugnativa aveva salvato la Sicilia dal default". "Oggi qualcosa è cambiato", sostiene Esther Mammano, responsabile dell'ufficio di gabinetto del commissario dello Stato. "Ma se c'è maggiore consapevolezza sulla situazione finanziaria della Regione ritengo che qualcosa di buono è stato fatto, nel rimarcare costantemente un serio sbilanciamento delle spese rispetto alle entrate e nel sottolineare che ogni norma comportante un onere finanziario doveva trovare concreta copertura finanziaria”.
Per il prefetto Aronica "chi pensava che abolendo l'ufficio del commissario si potesse potenziare l'azione della Regione si è sbagliato". Non è un caso che alcune leggi importanti approvate di recente dall'Assemblea siciliana siano state impugnate dalla Presidenza del Cdm, come quella sugli appalti e la riforma delle Province regionali, mentre sembrerebbe a rischio anche quella sull'acqua pubblica. "Il problema si è spostato a Roma - riflette il prefetto Aronica - non è cambiato nulla. Perché la realtà non cambia". "La mia lunga esperienza di servitore dello Stato” soggiunge il Prefetto “ ha radicato in me il convincimento che l’apparato dei pubblici poteri statale e locali possa trovare sicuro giovamento da un potenziamento delle strutture periferiche dello Stato, attingendo al loro qualificato patrimonio professionale ed alla loro consumata conoscenza delle varie realtà territoriali”. “Non lo dico per difendere il mio ufficio, non ne ha bisogno perché ha lavorato in modo impeccabile senza mai guardare in faccia nessuno e senza mai subire influenze di alcun tipo - prosegue Aronica - E' importante il ruolo di chi agisce in maniera disinteressata". Un rammarico, però, il Prefetto ce l'ha: "Ci ha stupito che dopo la sentenza della Consulta nessuno abbia sentito il bisogno di aprire un articolato dibattito dottrinario e culturale sulla specialità e attualità dello Statuto. Un silenzio assordante!". (ANSA)
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