Lunedì 23 Dicembre 2024

Noi, cittadini
del libero pensiero

di Anna Mallamo

L’abbiamo conosciuta e amata in “Leggere Lolita a Teheran”. Azar Nafisi, oggi cittadina degli Stati Uniti, era la docente che organizzava a casa sua, nella Teheran fresca di rivoluzione islamica, un fronte di resistenza umana, poetica e politica: un gruppo di studio su alcuni classici della letteratura occidentale. I noti testi sovversivi “Lolita”, “Il grande Gatsby” o “Madame Bovary”. Roba pericolosissima. Roba di cui il regime degli ayatollah in effetti aveva una gran paura, come ogni regime totalitario ha paura dell’immaginazione, della conoscenza, dell’arte e della bellezza. Che non sono consolatorie, ma intimamente sovversive, perché ispiratrici di libero pensiero, di domande, di dubbio, di critica.  In effetti, le stesse cose di cui hanno paura i poteri di qualsiasi natura, anche quelli ben camuffati dentro costituzioni e regimi democratici; in certi casi – e noi oggi in Occidente lo sappiamo molto bene – le armi per mortificare la bellezza e l’immaginazione non sono, per fortuna, deportazioni torture ed esecuzioni sommarie, ma subdole operazioni di spending review, continue sottrazioni di risorse alla cultura e all’istruzione, in nome di prassi «mercenarie e utilitaristiche» o di ideologie «aziendali». 

Libero pensiero, immaginazione, senso critico sono peraltro le caratteristiche che dovrebbero essere scritte nel passaporto di tutti gli abitanti del Paese di cui parla l'ultimo libro di Azar Nafisi, “La Repubblica dell'immaginazione” (Adelphi, traduzione di Mariagrazia Gini, illustrazioni di Peter Sis): il suo vero Paese, che non è l’Iran o gli Usa ma è molto più vasto e li contiene entrambi, come contiene tutte le sue radici e tutto ciò che ha nutrito il suo spirito di scrittrice, di insegnante, di cittadina e di donna. Un intero continente di autori, libri, idee i cui abitanti sono moltissimi e in cui non esistono frontiere difese col filo spinato o i muri.  Anzi, un Paese accogliente come pochi: basta aprire le pagine di un libro, e si è già cittadini. Una Patria che non ti chiede di combattere con le armi per difenderla, ma che non puoi fare a meno di difendere con tutti gli strumenti che hai, primi fra tutti il pensiero e la parola. 

Un altro libro di commovente resistenza umana e poetica, dove l’analisi di autori e opere (in questo caso americani, alla ricerca di uno “spirito americano” che non sia il banale e mercantile successo economico o gli spietati modelli del Rambo con la cartuccera o del “wolf of Wall Street” col doppiopetto) s’intreccia con l’autobiografia, perché la critica letteraria è solo uno degli strumenti della conoscenza e dell'immaginazione, e serve a comprendere, ad includere, a reclamare diritti e gioia per l’anima. 

Peraltro, l’autrice ha lanciato con Penguin Random House e Adelphi una campagna social, estesa a tutti i cittadini della “Repubblica dell’immaginazione”: per aderire basta scegliere una citazione dal libro dello scrittore preferito, stamparla, farsi fotografare e condividere il tutto in rete con l’hashtag  #BooksSave. «Tutti noi – ha detto Nafisi – abbiamo alcuni (o molti) brani dei nostri libri preferiti che ci hanno ispirato, infiammato o spinto a cambiare. Vogliamo conoscere i vostri. Condividete il vostro messaggio con forza e chiarezza, la conoscenza che viene dall'immaginazione non è qualcosa che si ha oggi e si butta via domani. È un modo di percepire il mondo e di relazionarsi con esso».

Ad Azar Nafisi, che in questi giorni è in Italia dove ha partecipato a una puntata di Dimartedì su La7, a Pordenonelegge e a “Una montagna di libri” a Cortina ed è stata a Roma, Trani e Milano, abbiamo rivolto alcune domande.    

La contraddizione che Lei ravvisa negli Stati Uniti, la terra delle libertà e della ricerca della felicità scritta nella Costituzione, ma anche il Paese in cui l'immaginazione, il pensiero e la conoscenza vengono sempre più messe all'angolo da «una visione mercenaria e utilitaristica insensibile al vero benessere della gente», è una contraddizione che anche il resto dell'Occidente vive, e sempre più pesantemente. Cosa possiamo fare, noi abitanti – o aspiranti tali – della Repubblica dell’Immaginazione? 

«Possiamo unirci sotto il mio slogan “lettori del mondo, unitevi” e non smettere mai di ricordare alle giovani generazioni l’importanza della lettura, dei libri, dell’immaginazione, che nessuno può portarci via, ovunque noi siamo».   

La generazione che ha fatto le lotte civili per i diritti e le libertà, che qui in Europa ha protestato contro il muro di Berlino e poi ha ballato sulle sue rovine, che ha chiesto giustizia sociale ed equità fa i conti, oggi, con un mondo che sta scivolando all’indietro. Dove abbiamo sbagliato, permettendo che questo accadesse? 

«Il grande problema di oggi è la mancanza di memoria, di conoscenza del nostro passato. Anche i politici hanno la memoria corta e sono alla costante ricerca di novità, di innovazione. I grandi autori, le grandi opere del passato vengono dimenticati troppo in fretta per lasciare spazio al nuovo. Dimentichiamo che quei tesori sono sempre a nostra disposizione per essere riscoperti nella loro costante attualità».
    

Le storie, l’immaginazione ci salveranno? 

«L’immaginazione e le storie ci salveranno, sì, ma solo se le lasciamo entrare dentro di noi fino in fondo, senza timori e senza fretta. Sono i due elementi che accomunano tutta l’umanità. Con i miei libri riesco a creare un legame immediato con i lettori di tutto il mondo». 
 

Oggi ci sono milioni di uomini donne e bambini in fuga, e i temi accoglienza/rifiuto, uguale/diverso, integrazione/esclusione sono più cruciali che mai. Lei è iraniana, vive negli Usa, ha vissuto direttamente e personalmente un dramma di questo genere e i suoi libri che tutti amiamo ci parlano anche di questo. Come possiamo aiutare chi viene da lontano per salvarsi la vita, come possiamo aiutarlo a restare se stesso, portare quello che è, ma trovare una nuova casa? 

«Possiamo aiutare queste persone ricordando che tutti noi abbiamo lasciato un posto a noi caro. Vivo negli Stati Uniti e ogni popolo arrivato in questa terra ha portato la propria cultura e le proprie tradizioni. I più grandi musei del mondo si trovano proprio negli Usa perché questa nazione così giovane ha voluto riconoscere la ricchezza dei popoli che la abitano. Si può restare se stessi solo se ci si conosce a fondo. Come ci si può conoscere a fondo? Attraverso la lettura, i libri, l'immaginazione!».
   

Qual è il suo libro italiano preferito?

«Ho molti libri preferiti. Il primo che ricordo con chiarezza per aver provocato il mio entusiasmo di bambina è “Pinocchio” di Collodi. Attraverso i libri, fin da piccola, ho capito che avevo a mia disposizione un universo di immaginazione al quale potevo sempre far ritorno, in qualsiasi momento».

Una sola parola, per il futuro, perché ci accompagni.

«Speranza».

leggi l'articolo completo