di Antonio Siracusano
Una regione ostaggio, incatenata ai perversi rituali di un governo che non c’è, al vuoto politico di una maggioranza sfusa e famelica, sormontata da un presidente blindato nel suo caravanserraglio. Di fronte a una Sicilia infangata e a secco, stremata e illusa, il governatore e la sua coalizione hanno allestito uno scannatoio per regolare i conti, trascinandoci in un altro vicolo cieco. Una scena penosa e surreale, in cui pupi, pupari e mercenari si agitano per ipotecare il nuovo assetto di potere. Ormai anche le maschere si sono sciolte.
Tutto si riduce a un mercimonio, con gli attori che a viso aperto interpretano se stessi, autentici protagonisti della più desolante compagnia di giro che abbia mai recitato sul palcoscenico della politica siciliana.
Crocetta non ha più fumo da vendere. Così ha lasciato mani libere ai suoi alleati, impegnati a gestire la quarta crisi di un governo fallimentare e grottesco. Una mossa che ha costretto la maggioranza a confessare la sua identità, fino a ieri maldestramente mimetizzata dietro all’eccentrica improvvisazione del presidente.
Alibi e paraventi sono crollati dopo i primi assalti alla diligenza, mostrando i volti di un branco perfettamente allineato agli obiettivi comuni: mantenere stipendi e privilegi, sopravvivere oltre ogni limite di pudore, strappare un posto a tavola, partecipare al banchetto e rifocillarsi per superare la prossima frontiera elettorale. Una formula per scongiurare le urne, dentro le quali fermentano chiari segnali di repulisti (nella speranza che poi non siano gli stessi che ci hanno rifilato Crocetta e company).
Con disarmante trasparenza i sodali del governatore hanno dettato le loro condizioni con un avvertimento inequivocabile: entriamo in giunta o usciamo dalla maggioranza. Un acuto “idealista” da dosare in una centrifuga di pretese e rivendicazioni, assessorati e sottogoverni, secondo quote e punteggi proporzionati alla gestione del potere.
Udc, “Sicilia Futura” e novelli socialisti hanno recitato la loro parte, senza veli di ipocrisia, confermando una natura politica predatoria e mercantile. Sul crinale c’è Ncd, fiancheggiatore ma non troppo.
Il Pd, invece, si è impantanato nella sua collaudata doppiezza. Fino a quando doveva stare al gioco di Crocetta poteva contare su una zona d’ombra per esercitare un ruolo dialettico, facendo leva anche sulle correnti interne di opposizione. Ora che si deve esporre nudo davanti alla responsabilità di governo manifesta imbarazzo e non trova la bussola.
Lupo e Cracolici, i più gettonati esponenti del Pd, sanno bene che imbarcarsi con Crocetta - a ruota di un esecutivo bendato che si muove su un terreno minato - significa rischiare gli ultimi brandelli di credibilità politica. Ma senza una copertura completa di tutte le anime del partito sarebbe solo stupido avventurismo. L’ha intuito perfino Faraone.
E così la crisi si allunga, mentre fuori c’è una regione che disperatamente invoca soluzioni alle emergenze e prospettive alle speranze. Intanto piove e “governo ladro” ci sta tutto.
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