Lunedì 18 Novembre 2024

Ecco come cambia il terrorismo

Ecco come cambia il terrorismo

La strage di San Bernardino, in California, ha acceso il fuoco sotto i pantaloni a Obama. E non solo a lui. Finalmente molti politicanti ed “esperti”, chiacchieroni tanto al chilo, che affollano le televisioni e straparlano, si saranno accorti che il terrorismo internazionale non ha più bisogno di grandi strateghi. Il prossimo mortale bombarolo o killer fuori di testa può essere l’inquilino della porta accanto. Con il quale avete scambiato per mesi saluti e sorrisi. Allora siamo tutti a rischio o no? La risposta è senz’altro “sì”, ma con l’avvertenza che c’è, ovviamente, una sorta di scala Richter del pericolo. Oggi il terrore jihadista si basa su modelli di penetrazione più subdoli e adotta piani d’intervento quasi impossibili da prevenire. Perché esiste un terrorismo “diretto”, ma ne esiste anche uno “indiretto”, di fatto non irreggimentato, in “sonno”. Un bacino pronto a incendiarsi per “autocombustione” e ad agire con strumenti “fai da te”. Un terrorismo ugualmente mortale, stragista, ben più pericoloso di quello ufficiale, perché, come abbiamo più volte ribadito, sfugge a qualsiasi controllo preventivo. A mattanza avvenuta, manco ci fosse un ISO 9000 del terrore, un certificato di “qualità”, ci pensa poi l’Isis a mettere il suo marchio, mutuando pensieri ed azioni, pari pari, dalle politiche di “brand” adottate dalle grandi multinazionali. Così, mentre ancora l’Fbi brancolava nel buio (o quasi), per inquadrare strage e stragisti, l’ufficio stampa del “Califfo” si era già dato da fare per rivendicare, via radio, l’attacco in California. Lasciando tutti ammutoliti e scioccati, a cominciare dal Presidente Obama, che da subito si era arrampicato sugli specchi farfugliando ipotesi, infarcite di “se” e di “ma”. Mentre giovedì l’antiterrorismo Usa metteva ancora le mani avanti, ieri ci hanno pensato i “califfi” ad aprire gli occhi di tutti sulla vera identità di Syed Rizwan Farook e di Tashfeen Malik, la coppia assassina. Per la verità, già venerdì l’Fbi di Los Angeles aveva fatto capire che la cosa pigliava la piega più temuta da tutti. Anche perché ora, scava scava, se ne vanno scoprendo delle belle. Pare siano stati gli ultra-misteriosi servizi segreti pakistani ad aprire gli occhi insonnoliti dei colleghi americani, dando loro le imbeccate giuste e rivelando che, addirittura, prima dell’attentato, uno dei due killer, la Malik, si era addirittura arruolata nell’Isis via… Facebook. Non basta. Entrambi comparivano sulle liste antiterrorismo degli Stati Uniti (Farook) e di Arabia Saudita e Pakistan (Malik) e benchè avessero la casa stipata di armi ed esplosivi, nessuno li aveva mai controllati. Durante una perquisizione è stata trovata una copia di “Inspire”, la rivista di al Qaida, con un articolo riguardante l’assemblaggio di una bomba. È stato anche rivelato che Farook, qualche settimana fa, aveva minacciato un religioso ebreo, Nicholas Thalasinos, dicendogli: “Tu non vedrai mai Israele”. Detto fatto, Thalasinos figura tra le vittime della strage. Ovviamente, ora dilagano le polemiche. Si è dovuta aspettare la rivendicazione dell’Isis per capire da quale lato soffiava il vento. E Mr. President, visti i chiari di luna, a quest’ora tremerà, con la camicia zuppa di sudori freddi, per quello che potrebbe succedere dall’oggi al domani: una catena di attentati compiuti nei posti più impensabili da una massa indistinta di folli sanguinari, che si costruiscono le bombe con un manuale. Né più e né me no di come una casalinga preparerebbe la torta di mele. Tra le altre cose, a proposito dell’utilizzo di Facebook (sembra una barzelletta, ma purtroppo non è così) gli investigatori americani hanno aperto una maglia, anzi, un “maglione”, che richiederebbe un esercito di poliziotti per essere in grado di controllare preventivamente intenzioni e network di complicità. Comunque sia, all’Fbi si sono lasciati sfuggire un fatto: pare che Farook fosse collegato con un qualcuno che gli dava imbeccate. O ordini? Qua la cosa si fa confusa, perché, se fosse vera questa seconda ipotesi, ancora una volta l’agenzia anti-terrorismo americana avrebbe toppato clamorosamente. D’altro canto, a cose fatte, si scoprono sempre un sacco di elementi che lasciano stupefatti, con la bocca aperta, per il modo col quale i Servizi occidentali si fanno turlupinare. Ad esempio, ora si è venuto a sapete che la cellula marocchina legata alla mente degli attentati di Parigi (Abdelhamid Abaaoud) avrebbe forti connessioni con la comunità islamica di Birmingham, in Inghilterra. Per cui, fatti due conti, nel cuore del Regno Unito è già stato d’allerta rosso. Idem dalle parti di Putinlandia. I russi sanno benissimo che l’essere intervenuti massicciamente in Siria (e anche in Irak) ha un prezzo, che pagheranno sotto forma di attentati terroristici, condotti, probabilmente, da affiliati ceceni del “Califfo”. Per ora, tanto per tenere in caldo gli infedeli slavi, l’Isis ha diffuso un video, in cui si vede la controfigura russa di Jihadi John, il boia inglese che scannava gli inermi prigionieri in mano ai terroristi e che un missile ha fatto saltare per aria qualche tempo fa. Il nuovo “testimonial” del terrore, Jihadi Igor, ha già tagliato la gola di una presunta spia russa e ha avvisato i suoi compatrioti: “Ammazzeremo tutti i vostri figli” e, soprattutto, “Non avrete pace nelle vostre case”, che sembra un annuncio corto e netto di possibili attacchi a domicilio, fin nel cuore della Russia. Come avevamo già accennato qualche tempo fa, tutte le agenzie di Intelligence si aspettano qualche botto fragoroso in Russia. Che ora sembrerebbe proprio imminente. I Servizi israeliani avrebbero già allertato ambasciata e consolati a Mosca, su una possibile ondata di attacchi terroristici contro la politica interventista di Putin in Siria. Ma a Gerusalemme non dormono. Unità speciali della IDF (Israeli Defence Force) hanno condotto esercitazioni su vasta scala al confine con la Striscia di Gaza, a nord-ovest, e nella zona sud del Paese, nella regione che da Eilat s’inoltra verso il deserto del Negev. In particolare, a Gaza gli israeliani temono qualche colpo a sorpresa di cellule di Hamas miste a esponenti dell’Isis. Sarebbe già stato proclamato il “Protocollo Hannibal” e cioè l’utilizzo senza limiti della forza (anche a costo di provocare vittime civili) in caso di rapimenti di soldati israeliani o di assalti a nuclei abitati con presa di ostaggi. A Gerusalemme sono rimasti particolarmente impressionati dall’attacco condotto recentemente dall’Isis contro lo Swiss Inn Hotel di El Arish. Gli 007 di Tel Aviv pensano che ormai le tribù beduine del Sinai abbiano raggiunto una sorta di santa alleanza con il “Califfo”, che potrebbe portare in un arco di tempo molto breve a nuovi spettacolari attentati.

leggi l'articolo completo