U n capro espiatorio fa sempre comodo: la malasorte, il destino, gli “altri”. Perché fare autocritica, quando determinate cose non quadrano? È più agevole lo scaricabarile, libera dai rimorsi e fa sentire meglio. Tecnica collaudata. Lo fa anche il Governo Renzi, tanto che su temi cruciali quali l’economia e l’immigrazione non passa giorno senza che spari ad alzo zero sull’Unione europea. Crisi delle banche. Taluni ministri renziani vanno giù pesante perché l’Ue non autorizza il salvataggio di correntisti, azionisti e obbligazionisti, magari con l’attivazione del Fondo interbancario. Sarebbe più corretto spiegare agli... elettori una serie di fatti inoppugnabili. 1) I controlli sulle banche medio-piccole competono esclusivamente a Banca d’Italia e Consob. Che forse si sono mosse con ritardo. 2) Le nuove regole europee che impediscono di scaricare sui contribuenti le operazioni di salvataggio e ricapitalizzazione le hanno votate pure i nostri rappresentanti. 3) Le azioni e le obbligazioni, soprattutto quelle subordinate, sono notoriamente investimenti con un elevato grado di rischio. Altro che intervento umanitario (per dirla alla maniera del ministro Padoan): c’è tanta attenzione solo perché “ballano” troppi voti! Il buonsenso impone solo un aiuto ai correntisti e una, si spera veloce, stangata ai mascalzoni che hanno rovinato migliaia di persone. Sono tramontate – purtroppo o per fortuna – le operazioni di sistema che hanno evitato il naufragio, in tempi non troppo lontani in verità, di banche tedesche, francesi, spagnole e greche. Immigrazione e procedura d’infrazione. Grecia a parte, il nostro Paese è la maggior fonte di guadagno degli scafisti. Perché? Basta una “semplice” chiamata e i mezzi navali fanno rotta, spingendosi fino alle acque libiche, per abbordare e poi scortare barche e gommoni fino ai porti siculo-calabri. Salvare uomini, donne e bambini è un imperativo, ma cosa ci contesta l’Europa? 1)Le regole d’ingaggio in mare e di gestione post sbarco non sono adeguate per una difesa attiva della sovranità nazionale ed europea. 2) Le porte sono spalancate per tutti, perché non si fa distinzione tra profughi di guerra e “migranti economici”. 3) L’identificazione attraverso le impronte digitali è alquanto discrezionale, con ovvi problemi di sicurezza e ordine pubblico. 4) I tempi per l’accoglimento o il diniego dello status di rifugiato sono lunghi. I conseguenti rimpatri vanno avanti col contagocce e sono affidati, quasi sempre, a un inutile foglio di via obbligatorio. È giusto usare l’Europa come scudo per coprire le nostre inefficienze o chiamare in causa quelle degli altri per sentirci meno... soli?