C'erano fibre di amianto nel 'Das', la pasta per modellare, commercializzato tra il 1963 e il 1975 dalla società Adica Pongo di Lastra a Signa (Firenze), ditta che non esiste più dal 1993. Lo ha appurato una ricerca italiana realizzata dall'Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica (Ispo), Asl 10 e università di Firenze e pubblicata dalla rivista scientifica 'Scandinavian Journal of Work Environment and Health'. Esposti all'amianto fino a circa 40 anni fa, soprattutto quando il Das era ancora in forma di polvere da mischiare con l'acqua, milioni di persone tra cui bambini, insegnanti, ma anche artigiani, artisti, restauratori, gli stessi addetti alla produzione che maneggiarono la pasta per modellare per ragioni diverse, didattiche o professionali, sia in Italia sia nei Paesi dove era esportato: Olanda, Norvegia, Germania, Inghilterra. Ora il Das è prodotto dalla società Fila che precisa che "il prodotto in commercio in Italia e all'estero è perfettamente sicuro e pienamente conforme alle normative vigenti", anche perché già dal 1975 viene fatto solo con pasta di cellulosa. I risultati di questo studio impongono nuove attenzioni, anche se, come spiega uno dei ricercatori, il dottor Stefano Silvestri, igienista del lavoro all'Ispo di Firenze "scatta un rischio di esposizione all'amianto solo se questo materiale dovesse essere polverizzato e inalato in quantità apprezzabili". Comunque "i nostri risultati - dice Silvestri - suggeriscono che ai pazienti affetti da mesotelioma che non riferiscono di essere stati esposti ad amianto per motivi professionali, dovrebbero essere chiesto se in passato hanno mai usato il Das. Questa scoperta dimostra che gli usi dell'amianto nel passato non siano stati ancora del tutto chiariti e che non vi fossero limiti al suo impiego essendo presente persino nei giocattoli", tra le 3.600 applicazioni industriali che ha avuto l'amianto. Il rischio di esposizione all'amianto "è sicuramente avvenuto - spiegano dall'Ispo -, durante la sua produzione ma anche durante la preparazione della pasta quando veniva venduto in polvere e durante la rifinitura degli oggetti quando si erano essiccati". La ricostruzione storica del prodotto, sempre riferita da questa ricerca, ha permesso di stabilire che 55 milioni di confezioni di Das con amianto sono stati prodotti e venduti sul mercato in 13 anni, con un numero di utenti nell'ordine dei milioni. "Tuttavia - dice Silvestri - se in casa venissero tuttora conservati oggetti realizzati all'epoca, essi sono sicuri, si possono tenere, purché per qualche motivo non vengano rotti o polverizzati perché le fibre di amianto possono disperdersi e venir inalate". Silvestri precisa che "il rischio fu maggiore tra il 1962 e il 1966 quando il Das era venduto in polvere e doveva essere amalgamato con acqua per creare l'impasto; poi venne venduto come pasta fino al 1975, sempre con amianto". Dal 1976 il Das viene fatto con pasta di cellulosa e non c'è più 'rischio amianto'. Talvolta, ancora, nelle case ci sono oggetti fatti con il Das con amianto come statuette, vasi, soprammobili, posacenere, calchi di figure. "'Rischio di esposizione' - osserva Silvestri - non significa comunque 'rischio di contrarre' malattie tumorali a causa dell'amianto". Ora dall'Ispo lanciano "un forte appello alle autorità affinché vengano effettuati test accurati su articoli di importazione, tra cui i giocattoli, quando provengano da Paesi in cui l'amianto non è ancora vietato", tra cui Cina e India. Lo studio è stato reso possibile grazie al contributo fornito da alcuni ex dipendenti di Adica Pongo, anche se la prima segnalazione che risulta all'Ispo risale al 1991 da parte di restauratore di vasellame da reperti archeologici. I ricercatori sono riusciti a reperire le fatture dell'acquisto dell'amianto, oggi depositate nell'Archivio di Stato di Torino insieme alla documentazione del produttore, l'Amiantifera di Balangero (Torino). (a.a.)