I russi non sono gli americani. Parole e musica sono del “Califfo”, al secolo Abu Bakr al-Baghdadi, il capo dei feroci miliziani dello Stato Islamico. Sì, ma in che senso? Nel senso, aggiungiamo noi, corto e netto, che quando fanno la guerra i nipotini di Stalin scherzano poco e non si perdono in chiacchiere, conferenze-stampa, convegni e blablabla assortiti. Da quando è sceso in campo Putin (massicciamente solo qualche mese fa), gli equilibri in Siria sono saltati e il vento è girato. Prima scappavano gli americani e tutto il caravanserraglio degli “alleati”, ora invece scappa l’Isis, col “Califfo” già tutto trafelato e, si direbbe, anche “trifolato” dalla controffensiva russa, pronto a preparare le valigie in vista di una ritirata (poco) strategica. Questo, però, è solo il dritto di una medaglia che ha anche il suo clamoroso rovescio. A quanto pare, le valigie le stanno facendo in due, perché anche il Presidente siriano Assad si prepara a smammare. Così, come aveva promesso a Obama, Putin non vuol sentire ragioni e ha già predisposto per il suo ormai quasi “ex” alleato un pensionamento dorato dalle parti di Mosca. La svolta clamorosa della Guerra siriana sarà suggellata, tra qualche settimana, da una massiccia offensiva sostenuta congiuntamente da russi e statunitensi, che dovrebbe mettere una pesante pietra tombale sull’esito del conflitto. Per ora i russi, gli iraniani, i governativi e gli Hezbollah libanesi sono all’attacco e mietono successi un po’ da tutte le parti, a cominciare da Daraa e da Aleppo. E infatti, già una sterminata colonna di profughi civili si sta dirigendo, tumultuante e in cerca di salvezza, verso il confine con la Turchia. E se i “rumors” corrispondono a verità, il “Califfo”, visti i chiari di (mezza) luna, ha già ramazzato barracano, pigiama, scendiletto e bendaggi vari per saltare il fosso e salvare causa e pellaccia. I servizi di intelligence occidentali lo danno aspirante profugo verso i lidi di Aqap (al Qaida in the Arabian Peninsula), nello Yemen o, diretto, invece, nelle braccia di Aqim (al Qaida in Maghreb), in pieno Sahara (e qui c’è l’imbarazzo della scelta). Ergo: i due acerrimi nemici del momento stanno passando lo stesso quarto d’ora. Solo che se per il “Califfo” una fine stile bin Laden sembra pronosticabile, per Bashar al-Assad nella palla di vetro non si vede un epilogo alla Gheddafi. No, i russi i loro alleati non li gettano a mare con tutte le scarpe come fanno alla Casa Bianca. Assad dovrà solo comprarsi un “pelliccio” per sopportare il freddo di Mosca. I soldi non gli mancano, visto che riceverà un obolo consistente dalla Banca nazionale siriana. Il bagaglio, dicono le solite “fonti bene informate”, glielo stanno già preparando gli ufficiali dello Fsb (al tempo della falce e martello si chiamava Kgb) e del Gru, il servizio segreto militare di Putin. Assad, a Damasco, si è fatto quattro conti e ha scelto di accettare l’ospitalità del Cremlino per lui e il suo lunghissimo seguito, fatto di amici, parenti e “servidores” di lungo corso. Il Presidente siriano, a quanto pare, ha declinato un’offerta per un sicuro esilio in Iran, che gli era stata avanzata dall’ayatollah Khamenei. E qui, squagliata la neve, si vedono i primi buchi nell’establishment iraniano. Qualcuno a Teheran comincia a sentire puzza di bruciato: l’accordo Obama-Putin, insomma, è una lama a doppio taglio e rischia di avvicinare fin troppo i russi agli americani. Molto meglio mantenersi un minimo di spazio per eventuali manovre diversive. Già, ma al punto in cui siamo arrivati il patto tra le due superpotenze sembra blindato. Gli interessi in ballo sono molto più pesanti delle divergenze. Per cui, come si dice dalle nostre parti, conviene “pagare e sorridere”. I russi, grazie all’operazione “Siria”, rientrano in forze, dal portone principale, nel grande gioco della politica internazionale. Da cui erano stati cacciati a pedate, come pezzenti, all’indomani dell’implosione dell’Urss, caduta in una nuvola di calcinacci, che ancora annebbia le vere cause del crollo. Dunque, Assad si trasferirà in una “dacia” della capitale russa, dove potrà godersi i rubli (e i dollari), ma senza interessarsi di politica. E siccome dietro ogni “piano A” c’è un “piano B” che si rispetti, i russi hanno hià previsto che se qualcosa non dovesse funzionare, Assad prenderà casa a Minsk, in Bielorussia. Stesso destino (“profugo”) ma con qualche cambiamento finale per il “Califfo”. Forse non morirà come Saddam Hussein o al-Zarkawi, perchè ha messo da parte un gruzzoletto che farebbe gola a chiunque, anche ai gruppi che si sono sempre ispirati ad al-Qaida. Il problema è mettere il naso fuori dale aree per ora controllate dall’Isis, dato che al-Baghdadi è l’uomo più ricercato del mondo. I servizi segreti di mezzo pianeta gli tengono il fiato sul collo e, dato che ognuno ha il suo prezzo, state pur certi che, prima o dopo, qualcuno se lo venderà. Come fu con bin Laden in Pakistan. Secondo fonti israeliane, gli americani (coi russi) hanno già preso le loro contromisure, tagliando la via di fuga che da Raqqa (Siria) porta a Mosul, in Irak. Lungo questa strada assicurano gli specialist di Washington, installatisi ad al-Hasakah, non passerà manco uno spillo. L’altra strada da cui potrebbe scappare il “Califfo” è quella che porta a occidente, verso la provincial irakena di Anbar. Ma là gli Usa e gli alleati hanno piazzato i “mastini” delle forze speciali giordane, beduini che conoscono il deserto meglio dei loro cammelli. Come abbiamo detto, una delle piste prescelte dall’Isis per far fuggire il santone potrebbe essere quella del Sahara, verso il Maghreb. Per questo le forze speciali americane sono stanziate in Libia, con una dislocazione “a salto di rana”. Tre basi (segrete), tra Tripoli, Bengasi e Derna sono state approntate per colpire il “Califfo” anche a 4 mila chilometri di distanza dalla Siria, fino al confine con la Tunisia. E anche più giù, dove operano i francesi, dal Sahel fino alle porte della Nigeria. L’ipotesi libica come rifugio scelto per il “Califfo” è stata chiarita da una soffiata dei servizi segreti russi. E sarebbe un bel problema: trovare il “Califfo” in un Paese dove ci sono 1700 gruppi armati che si sparano addosso gli uni contro gli altri non sarebbe un’impresa facile. La località ideale (dicono al Cremlino) sarebbe Sirte, già sotto il controllo dello Stato Islamico. Ma per gli analisti della Cia, l’ipotesi più probabile è che al-Baghdadi cerchi rifugio nelle aspre e mortifere montagne dello Yemen, nella regione di Hadramauth. Un’area così rovente dove, dicono, si possa accendere una sigaretta strofinandola su una pietra. E dove non riescono a sopravvivere manco gli scorpioni e le vipere del deserto. Ma, forse, proprio per questo andare laggiù per il “Califfo” sarebbe come fare una passeggiata di salute.