La loquacità del Governo Renzi, quando si deve affrontare il tema della sostenibilità del debito pubblico, diventa reticenza. “Vietato approfondire” è la parola d’ordine, si rischierebbe una crisi di nervi. Gli italiani si devono, conseguentemente, accontentare delle tranquillizzanti dichiarazioni di facciata del ministro Padoan? Se l’economia galoppasse verso traguardi rassicuranti, potremmo far finta di credere a qualche bugia da... eccesso d’ottimismo e dormire sonni tranquilli. Ma così non è. Ce lo hanno ricordato, ancora una volta, l’Agenzia di rating Fitch e l’Ue (questa volta rimproverati ma salvi!): gli squilibri macroeconomici restano eccessivi. Meglio, dunque, non perdersi dietro a facili illusioni. Quali? Che il rapporto debito-Pil sia sotto controllo, che la tassazione sia in fase discendente e la ripresa dietro l’angolo, alimentata dall’occupazione crescente e dalla risalita dei consumi.
La storia di un’Italia in marcia, se guardiamo la realtà dei numeri, potrebbe non avere un lieto fine, a causa dei mutati scenari internazionali che avranno riflessi diretti sulla sostenibilità del debito. Così come peseranno altre debolezze strutturali, quali la bassa competitività e le sofferenze bancarie. A fronte di uno stop prolungato della nostra economia, infatti, aggravato dalla crisi mondiale, i livelli globali di indebitamento hanno continuato a salire e i margini d’intervento delle politiche economiche sono diventati più stretti. I debiti sovrani sono stati uno dei fattori scatenanti della crisi finanziaria globale partita nel 2008, non dimentichiamolo, e l’Italia, in buona compagnia della Grecia, è risultato uno dei Paesi più vulnerabili. Lo è ancora oggi. Certo, si è concretizzata una riduzione dell’indebitamento nel settore privato, ma i numeri del bilancio statale registrano un deterioramento. I tassi negativi e la deflazione, poi, hanno determinato ulteriore incertezza.
Chi ci governa dovrebbe sapere quale strada imboccare. Prima di tutto appare necessaria un’operazione-verità, per informare gli italiani sui rischi derivanti da un indebitamento monstre, più o meno 1.300 miliardi. Poi occorrerebbe falciare una spesa pubblica tuttora fuori controllo – in gran parte improduttiva – e riequilibrare il rapporto debito - Pil. Come? Con tutti i mezzi possibili. Chiedere all’Ue maggiore flessibilità sui conti è una semplice “operazione di facciata”, senza sbocchi pratici se non quello di guadagnare consenso interno.
Non si vogliono forse attuare manovre tendenzialmente recessive? In linea teorica sarebbe corretto, purché si sia disposti a sopportare le conseguenze che una recrudescenza della crisi generale avrebbe su un’Italia così vulnerabile. Grecia docet.
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