"Se me lo chiedete, in Italia voterei per Renzi". L'asse tra il numero uno di Fiat Chrysler Sergio Marchionne e il presidente del consiglio si rinnova a Chicago, dove i due sono le star del forum organizzato dall'Ice (Istituto per il commercio estero). Un evento in cui le imprese italiane leader nell'innovazione tecnologica si sono presentate al mercato americano, terra promessa di opportunità. Marchionne - arrivato a sorpresa nella sede della Booth School della Università di Chicago - ribadisce la sua fiducia in Matteo e nel cammino di riforme intrapreso dal suo governo. Riforme che l'Italia, un Paese "che deve liberarsi di un lungo fardello di inefficienze", aspettava da tempo. Agli occhi di Marchionne, un merito ha soprattutto il premier: quello di aver garantito un minimo di stabilità. "Renzi ha parlato qui di stabilità - ha spiegato l'amministratore delegato di Fca - e la stabilità politica del Paese è importante, fondamentale. Oltre 60 presidenti del consiglio in 70 anni è una cosa inconcepibile". E' dalla stabilità che si inizia a costruire un clima favorevole e di certezza per le imprese e per gli investimenti dall'estero. Come gli investimenti che Fiat Chrysler sta facendo nel nostro Paese: da Melfi - sottolinea Marchionne - a Mirafiori, "dove si ripartirà con una nuova serie di auto destinate all'export in tutto il mondo". Il manager parla di "segnali incoraggianti", con un mercato dell'auto che continua ad andare bene. "Non ho cattive notizie da darvi", scherza alla fine del forum con i giornalisti. Tornando su Renzi, loda la capacità del premier di "fare sistema", anche arrivando fino a Chicago per promuovere le aziende italiane che rappresentano un'eccellenza nel settore della robotica, dell'aerospazio, dell'energia, della meccanica. "Il fatto che qui ci sia stato Renzi è un fatto e un segnale molto importante", commenta. Parla a ruota libera Marchionne, come raramente succede. "Bisogna sbloccare il processo creativo e proporre idee dirompenti per immaginare un futuro diverso", spiega, riprendendo in parte le parole rivolte dal premier alla platea di imprenditori italiani ed americani: allora sì - aggiunge - che l'Italia vincerebbe la gara con la Germania. Mentre in America "bisogna ripensare il concetto di redistribuzione del benessere". Non parla però delle elezioni presidenziali statunitensi, di come vede il dopo Obama. Non parla di Donald Trump o di Hillary Clinton: "Non sono un cittadino americano, non voto". Però assicura di non essere preoccupato dai toni sopra le righe della campagna elettorale statunitense, né dai toni antiglobalizzazione del tycoon newyorchese o del senatore 'socialista' Bernie Sanders: "Non credo a tutto quello che viene detto adesso. In campagna si dicono tante cose, che poi non è detto che diventino politiche. Gli equilibri dopo si trovano". "Non ho mai paura di un cambio di amministrazione - aggiunge -. Gestiamo anche quello". (ANSA)
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