La Cassazione tira il freno sull'utilizzo del Daspo collettivo ricordando ai questori che il solo fatto che gli ultrà si muovano "in gruppo" non basta per affibbiare a tutti, a prescindere dall'individuazione delle singole responsabilità, l'obbligo di firma nel caso di "condotte violente" non specificamente attribuite a ciascuno di loro. Per questo la Suprema Corte, sottolineando che la responsabilità penale è personale e deve essere ricondotta alle azioni del singolo, ha annullato senza rinvio cinque anni di obbligo di firma inflitti dal Questore di Catania a 21 ultrà del Bologna perchè nel bagagliaio del loro pullman prima dell'incontro Catania-Bologna del 2014, campionato di serie B, era stata trovata una 'santa Barbara' di manganelli, coltelli, razzi e materiale pirotecnico. Nell'ordinanza di convalida, il gip aveva dato il via libera al Daspo perchè "il numero delle armi e degli strumenti atti ad offendere, la loro collocazione a bordo del pullman e nell'immediata disponibilità degli occupanti, nonchè il ristretto numero degli stessi occupanti rende evidente come si trattasse di strumenti di pertinenza del gruppo di sostenitori e di strumenti appositamente trasportati per farne uso in occasione dell'incontro di calcio Catania-Bologna". Leggendo queste motivazioni, a giudici della Cassazione hanno storto la bocca. Hanno obiettato che "il fondamento" di un simile Daspo di massa, è stato individuato esclusivamente nella presenza dei tifosi a bordo del pullman con le armi bianche nel vano bagagli, "non ricavandosi, neppure dal verbale di sequestro, altro elemento di collegamento individualizzate". In proposito, gli 'ermellini' sottolineano che "non è la presenza nel gruppo a rilevare ai fini dell'applicazione del Daspo, bensì la partecipazione individuale all'azione del gruppo" mentre in questo caso era stato ritenuta colpevolizzante "la sola 'condizione' di essere presenti, ma prescindendo da qualsivoglia elemento concreto in grado di indiziare il collegamento tra i singoli e le armi". Così il Daspo per i 21 ultrà bolognesi è stato annullato dalla Suprema Corte che ha dichiarato "cessata l'efficacia dei provvedimenti presi dal Questore di Catania il sei dicembre del 2014". Con questo verdetto - sentenza 22266 depositata a fine maggio - la Cassazione conferma la sua 'insofferenza' per le norme speciali contro la violenza negli stadi perchè si tratta di una legislazione "compulsiva" in nome della quale si applicano "misure di prevenzione atipica", come l'obbligo di firma, che limitano "beni primari di rilevanza costituzionale", come la libertà di movimento, sulla base di "una responsabilità collettiva" che, rilevano gli 'ermellini', è un "retaggio di trascorse, e non illuminate, epoche storiche e giuridiche".